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mercoledì 29 febbraio 2012

L'India alle prese con l'inflazione

Anche l'India deve rallentare la crescita economica per scongiurare il pericolo dell'inflazione. Era da tre anni che il dato della crescita del paese non vedeva comparire un indice così basso: troppo alti i tassi di interesse giunti ad una maggiore crescita dei prezzi delle materie prime, ciò ha determinato una contrazione della produzione industriale, legata anche alla dimiuzione degli investimenti. Come grande esportatore il paese paga la crisi mondiale che ha determinato una domanda complessiva più bassa. Scomponendo i dati trimestralmente si ha un decremento continuo, che segnala un rallentamento non atteso. Certo di parla sempre di crescite del PIL considerevoli, ben oltre il 6%, ma che per un'economia che necessita di valori più alti, rappresentano un pericoloso rallentamento in rapporto agli obiettivi previsti. Quello che il governo indiano non riesce a fare quadrare è la lotta all'inflazione con la necessità di più alti livelli di crescita. Probabilmnte il paese è cresciuto velocemente, senza che in questa fase il governo centrale prendesse le dovute contromisure al fenomeno inflattivo, che si è presentato puntualmente, come accade in ogni curva espansiva. Dal marzo 2010 gli interventi della Banca centrale indiana sono stati ben tredici, con un numero identico del rialzo dei tassi di interesse, che pur calmierando il fenomeno inflattivo, hanno anche avuto l'effetto di frenare la crescita, per la conseguente riduzione delgi investimenti. Dopo la performance del periodo 2010-11 che aveva visto il PIL crescere fino all'8,5%, l'economia indiana si era prefissata il traguardo del 9% per il periodo 2011-12; ma tale obiettivo si è rivelato irraggiungibile ed anche la stima al ribasso di una crescita attestata intorno al 7%, rischia di essere troppo ottimistica. L'arretratezza della India, quasi un continente per il numero di abitanti, che vede la gran parte della sua popolazione in condizioni di estrema miseria, necessita di prestazioni elevate nella crescita del PIL, proprio per combattere la povertà troppo diffusa e proprio un incremento del PIL del 10% avrebbe consentito di innalzare ad un gran numero di persone il fabbisogno giornaliero in denaro per consentire un sostanziale abbattimento della soglia di povertà. Pur parlando di importi anche inferiori ad un euro, questo incremento potrebbe consentire al paese di fare uscire intere fasce di popolazione da condizioni di povertà endemica, che oltre a costituire una ragione umanitaria costituiscono anche un freno allo sviluppo interno dei consumi, non certo da sottovalutare in una nazione con 1,2 miliardi di abitanti.

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