L'ONU sembra riportare al centro della propria azione la questione tra Israeliani e Palestinesi. La missione programmata da Ban Ki-Moon, porterà il Segretario delle Nazioni Unite in una giro diplomatico che dalla Giordania lo porterà in Cisgiordania, striscia di Gaza ed infine Israele. L'intenzione della massima autorità dell'ONU è quella di fare ripartire i negoziati per raggiungere l'ambizioso obiettivo di un accordo entro l'anno che preveda, finalmente, la costituzione di due stati sovrani separati. La soluzione è caldeggiata anche dal Quartetto (USA, UE, ONU e Russia), che spinge per la definizione della questione. Ma le possibilità di vedere concretizzarsi il successo del piano si scontrano con la mancata ripresa del dialogo tra le due parti, che sono state invitate da Ban Ki-Moon ad evitare possibili provocazioni che possano pregiudicare il corso delle trattative, che dovranno trovare un terreno di reciproca fiducia. L'esposizione in prima persona del Segretario dell'ONU, che sarà impegnato in una fitta agenda di incontri con le più alte personalità sia palestinesi, che israeliane, intende dare un nuovo impulso ai colloqui tra le due parti, al momento arenate per la questione della politica degli insediamenti dei coloni nei territori della Cisgiordania e di Gerusalemme Est, praticata dal governo israeliano.
In questo senso anche il Partito di maggioranza del Likud, ha espresso una chiara indicazione, confermando Netanyahu alla guida del partito, durante le primarie con il 74% dei voti, nei confronti del rappresentante dei coloni Moshe Feiglin, che ha riscosso soltanto il 24% dei consensi. Questo risultato, pur inquadrato in una formazione di destra, come è quella del partito al potere, fornisce un chiaro segnale alla dirigenza del Likud, auspicando la fine o almeno la diminuzione della pratica degli insediamenti come strumento per accedere al tavolo delle trattative. Peraltro questa tendenza è ormai consolidata tra gli israeliani meno moderati e che in genere si riconoscono nei partiti all'opposizione e che spingono per la soluzione propugnata dall'ONU, cioè quella dei due stati indipendenti. Sulle ragioni di questa accelerata data dalle Nazioni Unite per il compimento del processo di pace occorre fare alcune riflessioni. Sulla necessità del raggiungimento delle finalità del progetto spingono molto gli Stati Uniti, che hanno la necessità di trovare la regione pacificata e con i due stati ben definiti al momento di un'eventuale scoppio di un conflitto con l'Iran. Garantire la neutralità dello stato palestinese, ancor prima che un'esigenza tattica è una condizione politica essenziale per delegittimare da qualsiasi auto proclamazione di esercito di liberazione dei territori arabi, Teheran. Tolta questa giustificazione, capace di portare alla mobilitazione gruppi estremisti, ma anche nazioni, capaci anche solo di fornire appoggio diplomatico all'Iran, la Repubblica Islamica si troverebbe ancora più isolata, sul panorama internazionale ed praticamente incapace di sferrare con i suoi missili l'attacco ad Israele, per le conseguenze, anche politiche che ne deriverebbero. Del resto i tempi stretti che Ban Ki-Moon vuole percorrere per la creazione dei due stati, sembrano essere studiati apposta per arrivare prima del compimento dell'atomica iraniana, che nella migliore delle ipotesi è data per certa in tre anni, ma che i progressi acquisti dai tecnici nucleari di Teheran potrebbero riuscire ad approntare prima. Con la creazione dello stato Palestinese e la praticamente certa pacificazione della regione, per Washington ci sarebbe anche maggiore libertà di manovra per un attacco preventivo, soluzione su cui Israele spinge da tempo. Ma politicamente è ben diverso scegliere una soluzione del genere senza più il problema palestinese sullo scenario internazionale. Questa ragione potrebbe così andare a costituire un ottimo motivo per anche per Israele per accelerare il processo di pace, giacchè in questo momento la minaccia iraniana appare molto più al centro dell'attenzione del governo di Tel Aviv. In definitiva se questo scenario dovesse avverarsi per Ahmadinejad, sarebbe il fallimento politico e diplomatico totale, quindi il pericolo maggiore a questo punto consiste nell'attuazione di attentati contro cose e persone israeliane compiute dai servizi iraniani e fatti ricadere sui palestinesi per bloccare la nuova partenza delle trattative.
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