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lunedì 12 marzo 2012
I paesi del Golfo Persico di fronte alla possibilità di un conflitto Israele-Iran
La possibile guerra tra Israele ed Iran agita tutto il mondo arabo. Specialmente tra i paesi del Golfo Persico, che si affacciano sulla sponda opposta alla costa iraniana, la preoccupazione è palpabile. Il pericolo di essere trascinati in una guerra santa all'interno dell'Islam, tra i rappresentanti delle due principali dottrine, sciti e sunniti, è concreto, come è concreta la volontà di di costringere l'Iran a rinunciare alla bomba atomica, ma le posizioni rispetto a Teheran non sono omogenee. Malgrado il pensiero comune è che una guerra avrebbe conseguenze catastrofiche, per alcuni paesi potrebbe essere l'occasione per sbarazzarsi di un vicino scomodo per l'equilibrio geopolitico della regione, cancellandone la pericolosa influenza. E' questo il pensiero dei governi di Arabia Saudita, Bahrain e Kuwait, mentre l'atteggiamento di Emirati Arabi Uniti ed Oman resta più cauto, rispettivamente, infatti, i due paesi hanno un approccio più morbido verso l'Iran, che vede gli Emirati Arabi Uniti propendere per le sanzioni, come mezzo di dissuasione, mentre l'Oman è totalmente contrario ad un impegno bellico. L'atteggiamento più duro è quello dell'Arabia Saudita perchè coinvolge motivazioni religiose, geopolitiche ed anche economiche. Dal punto di vista religioso tra i due paesi si gioca la partita più dura per la supremazia religiosa all'interno della religione islamica, la teocrazia nata dalla fine del dominio dello Scià, ha messo in discussione l'autorità religiosa saudita sui luoghi santi de la Mecca e di Medina ed ha usato questo confronto ripetutamente per influenzare le minoranze scite presenti nella sponda del Golfo Persico prospiciente alla costa iraniana. Secondo i sauditi sarebbe stato infatti l'Iran ha fomentare le rivolte scite che si verificate nello scorso anno in corrispondenza della fase più acuta della primavera araba, nei paesi confinanti con Riyad, che hanno determinato l'invio di truppe dell'esercito dell'Arabia Saudita per proteggere la monarchia del Bahrain. Si arriva così al paradosso che l'Arabia Saudita e lo stesso Bahrain, vedrebbero favorevolmente un attacco israeliano capace di indebolire l'Iran, tuttavia i due stati, per ora stanno alla finestra perchè la sicura risposta iraniana viene valutata come elemento capace di coinvolgere direttamente i due paesi in una ritorsione militare, sopratutto per la presenza di basi americane sui loro territori. Tuttavia l'atteggiamento dei due paesi, pur restando di attesa, è chiaramente ostile a Teheran, lo dimostra anche il fatto dell'attività saudita nel caso siriano, dove Riyad sarebbe favorevole ad un intervento militare, che non viene però appoggiato dagli altri paesi del Golfo e quindi opta per un rifornimento continuo di armi ai ribelli schierati contro Assad. Non si deve pensare che l'Arabia Saudita, stato dove vige un regime profondamente illiberale, faccia questo per favorire un processo democratico a Damasco, la ragione riguarda esclusivamente valutazioni geopolitiche, infatti lo scopo è togliere dall'influenza iraniana il territorio chiave siriano. Ma gli altri paesi del Golfo hanno un atteggiamento più prudente, perchè devono valutare l'impatto di un eventuale confronto con l'Iran che ripercussioni avrebbe sulle minoranze scite, che compongono il loro stato sociale e che sono fondamentali per il funzionamento delle loro economie. Fornire un nuovo pretesto di agitazione sociale, non è il massimo per i governi di Oman ed Emirati Arabi Uniti. Anche l'aspetto economico non è secondario: una guerra altererebbe la produzione del greggio con evidenti ripercussioni sulle economie dei paesi produttori, oltre che dei consumatori. Ma esiste un ulteriore aspetto da non sottovalutare: le posizioni più o meno radicali contro l'Iran dei governi non sono condivise dalla popolazione, che vedono Israele e gli USA come una minaccia per il mondo arabo, al contrario di una piccola minoranza che invece percepisce Teheran pericoloso. E' pur vero che non siamo in paesi dove vige la democrazia, ma se anche i sunniti continuano a vedere meno pericolosi gli sciti, perchè in fondo di questo si tratta, rispetto agli israeliani, cosa forse scontata, ma anche agli americani, fattore non del tutto ovvio per le lunghe alleanze sia politiche che militari presenti, la valutazione che devono fare i governi contro l'Iran, deve tenere necessariamente conto di questa tendenza. In ogni caso con questa analisi, alla questione si aggiungono ulteriori elementi di incertezza, che ancora meno consentono previsioni precise sugli sviluppi futuri.
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