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Politica Internazionale
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domenica 13 maggio 2012
La sfiducia nella UE, pericolo per il mondo.
Il crescente calo della fiducia nell'istituzione europea, che interessa in maniera trasversale l'intero vecchio continente, rappresenta un fattore potenziale di destabilizzazione dell'intero pianeta. La UE, infatti, pur con tutti i suoi difetti riveste un importante ruolo nella politica mondiale, andando, sovente a bilanciare situazioni pericolose, sia in ambito diplomatico, che militare, che economico. Il difficile percorso dell'unificazione europea, non ha impedito alla UE di essere un importante protagonista in svariate situazioni difficoltose, che si sono risolte in modo positivo proprio per la presenza mediatrice dell'Unione Europea. La crisi economica ha però fatto variare prospettiva ad un gran numero di cittadini dei diversi stati che compongono l'Unione. La percezione, in parte sbagliata, di una invadenza in campo economico e normativo delle istituzioni di Bruxelles, sempre presente, seppure in minoranza, è ora accresciuta a causa della difficoltà materiale delle famiglie europee. Nonostante queste difficoltà non siano distribuite in maniera omogenea sul territorio europeo, anzi vi sono profonde diseguaglianze, dovute alle diverse politiche economiche dei diversi paesi, la diffidenza verso la UE è un sentimento che accomuna sia gli stati più ricchi che quelli più poveri. Logicamente le motivazioni sono diverse, a chi si sente sfruttato dalle condizioni economiche che si sono venute a creare, vi è il contraltare di chi non vuole essere ulteriormente spremuto per contribuire ad economie non autosufficienti. In realtà la vera colpa delle istituzioni centrali europee è quella di essere state poco presenti nell'elaborazione dei programmi economici dei singoli paesi, lasciando aggravare situazioni già presenti. Inoltre è mancata una protezione normativa sufficiente contro la speculazione, che sommata al fattore precedente, ha creato le condizioni per lo stato finaziario attuale. Ma se ai burocrati di Bruxelles si può imputare una sorta di miopia dell'azione preventiva, ad alcuni singoli stati non si può non imputare comportamenti dannosi al reale intendimento della unificazione europea. Se la Grecia, ma anche l'Italia, la Spagna, il Portogallo, l'Irlanda ma anche l'Olanda, sono colpevoli di cattiva amministrazione, l'atteggiamento tedesco, rigido al limite dell'autolesionismo, è il maggiore responsabile della situazione presente. Il calcolo della Germania è quello di instaurare un controllo esasperato nei bilanci degli altri stati, per preservare, ma solo nel breve termine, la sua quota di mercato mondiale. Forse quello che muove il calcolo tedesco è di incamerare più valuta possibile nell'immediato per rifarsi degli aiuti che ha dovuto sborsare per aiutare le economie in difficoltà del continente. Se questo atteggiamento può essere capito a livello di una compensazione in parte realmente dovuta, non può essere accettato dall'insieme dell'istituzione europea perchè contiene un vizio di fondo, costituito dall'assenza programmatica del lungo periodo. La contrazione dei consumi e degli investimenti industriali in tutto il territorio europeo alla fine farà mancare i migliori clienti all'industria tedesca ed allontanerà gli investitori dei paesi emergenti, gli unici in grado di portare liquido fresco per la ripartenza dell'economia. Il ragionamento non è complesso e sicuramente è facilmente comprensibile a chi propugna l'esclusivo pareggio di bilancio, tuttavia le complesse alchimie politiche bloccano anche i ragionamenti più logici. Il risultato è quindi una crescente diffidenza verso l'Europa, su cui speculano movimenti politici estremisti capaci solo di portare idee di quaranta anni prima, che prevedono inflazione ed ulteriore speculazione e non tengono conto delle mutate condizioni della finanza mondiale e delle nuove capacità degli speculatori di arrivare fin dentro i bilanci dello stato. L'atteggiamento dei governi, a parole, è quello di preservare l'istituzione europea, ma se cresce la distanza con la società, sarà sempre più difficile mantenere questo impegno. Questo porta alla necessità di una nuova costituente europea capace di pensare normative nuove, in grado di guardare l'interesse dell'insieme che vada quello dei singoli stati. Ma il punto più urgente è quello di riguadagnare la fiducia dei cittadini europei con provvedimenti tangibili che ne accrescano il livello di benessere e sopratutto permettano l'uscita da quelle situazioni di emergenza sociale sempre più presenti, che costituiscono il principale alimento della diffidenza europea. La manovra è necessaria, il mondo ha bisogno dell'Europa e della sua funzione di perno e di punto di riferimento nell'agone internazionale, un punto su cui investire anche in chiave economica.
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