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martedì 15 maggio 2012
L'Unione dei paesi del Golfo Persico potrebbe diventare un nuovo soggetto internazionale
L'ipotesi della creazione di Unione tra le sei monarchie del Golfo Persico acquisisce maggiore concretezza e va aldilà della mera ipotesi strategica. Pur essendo ancora a livello embrionale, il progetto rischia di avere importanti ripercussioni già prima della sua nascita; infatti la ragione principale della più stretta collaborazione tra i regni del golfo, sarebbe quella, innanzitutto, di consolidare i legami tra Arabia Saudita e Bahrain in chiave anti iraniana. Le recenti proteste della minoranza scita, dietro cui ci sarebbe la mano di Teheran, nel Bahrain preoccupano sia l'Arabia Saudita che gli USA, che caldeggia fortemente la nascita di una alleanza più stretta dei paesi del golfo, proprio in chiave tattica contro l'Iran, sia per prevenire da vicino la minaccia atomica, sia per avere una piattaforma di intervento più veloce nel caso di precipitoso deterioramento della questione israelo iraniana. La volontà di creare una unione nel golfo è anche il sintomo di una salita della tensione, in ultima analisi, nei rapporti tra sunniti e sciti, particolarmente difficili negli ultimi tempi. Se il problema della supremazia religiosa nell'Islam è questione vecchia a livello teologico, il confronto materiale tra chi sostiene di essere l'effettivo rappresentante legittimato, cioè Arabia Saudita ed Iran, è salito di tono, andando ad investire altre problematiche da sempre motivo di attrito tra i due paesi. L'intervento politico dell'Iran volto a proteggere la minoranza scita in Baharain, concretizzatosi con la condanna ufficiale del governo di Teheran contro la decisione di Riyad di inviare soldati sauditi ad aiutare il governo di Manama, ha suscitato proteste contro l'ingerenza della Repubblica degli Ayatollah, mettendo allo scoperto tutte le difficoltà tra i due principali rappresentanti dell'islam. Inoltre proprio la maggioranza del parlamento iraniano ha già condannato in anticipo il progetto, accusando l'Arabia Saudita di essere una forza di occupazione straniera sulla terra del Bahrain. Anche la questione siriana contribuisce ad aggravare la crisi tra i due paesi, essendo l'alleanza tra Damasco e Teheran osteggiata da Riyad, come pure la crescente influenza iraniana sull'Iraq, cresciuta in maniera considerevole dopo il ritiro delle truppe statunitensi. Quello che appare è quindi che l'opzione della nascita di una unione dei paesi del Golfo stia rappresentando una necessità per l'Arabia Saudita per arginare la politica diplomatica espansiva iraniana; il pericolo di una crescente influenza sulla popolazione scita presente nel Golfo impone la scelta di strategie nuove, che permettano di compattare sempre di più la causa sunnita, intesa in un livello più ampio, oltre il puro significato religioso; ma è anche la presa d'atto della necessità delle nazioni, a qualunque latitudine, di cercare e sperimentare sempre nuove forme di unione, che possano consentire di affrontare situazioni sempre differenti. Sicuramente nella stabilità regionale, se questa unione andrà a concretizzarsi, rappresenterà un soggetto di elevata importanza e di accresciute capacità, in grado di assestare gli equilibri territoriali già presenti, difendendo le singole posizioni delle monarchie aderenti ed anche di rafforzarle di fronte ad eventuali minacce. Tuttavia esistono altre cause ostative all'attuazione del progetto, oltre la presenza della minoranza scita, lo scarso livello di democrazia e le reciproche diffidenze, che non hanno ancora permesso la partenza sia della moneta unica che dell'unione doganale. Ma la crisi economica e sopratutto politica proveniente dalla primavera araba, che è arrivata nella regione soltanto smorzata, potrebbero fornire l'impulso necessario alla creazione dell'unione dei paesi del Golfo.
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