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giovedì 14 giugno 2012

In Egitto sciolta la camera bassa, dove i Fratelli Musulmani avevano la maggioranza

La decisione delle Corte Costituzionale egiziana, che ha sciolto la Camera bassa del parlamento formatasi dal risultato delle recenti elezioni, pone l'Egitto di nuovo in una situazione molto pericolosa. Il motivo dello scioglimento deriva dalla legge elettorale vigente, che sarebbe contraria alla costituzione. Il risultato elettorale aveva consegnato alla formazione religiosa dei Fratelli Musulmani la maggioranza del ramo del parlamento. Lo scioglimento, avviene in un momento molto delicato per il paese, alla vigilia delle elezioni presidenziali. Che la situazione sia tesa all'interno del paese lo testimonia il fatto che il Consiglio militare si sia riunito d'urgenza per controllare lo svolgimento degli avvenimenti, i quali, peraltro, non si preannunciano distesi. Mohamed Beltagui del comitato esecutivo del partito dei Fratelli Musulmani, Giustizia e Libertà, ha definito esplicitamente il provvedimento un colpo di stato, che annulla le vicende dei mesi scorsi, che hanno portato alla caduta di Mubarak ed alle prime libere elezioni svoltesi nel paese. In effetti il provvedimento della Corte Costituzionale egiziana, a prescindere dai motivi legali, appare mosso da considerazioni politiche, fondate sulla storia stessa del paese, dove le classi dominanti non hanno mai visto di buon occhio, quella che loro considerano una deriva quasi teocratica. Il risultato delle elezioni aveva scontentato parecchie anime della protesta, sopratutto quelle laiche, per il timore dell'instaurazione dei principi islamici come legge vigente. Fattore che i vincitori hanno sempre smentito, ma ciò non ha mai convinto chi auspicava una direzione più occidentale dell'Egitto e sopratutto i militari, grandi registi dietro le quinte, del passaggio di potere e della caduta di Mubarak. Probabilmente dietro la decisione della Corte, più che le opinioni dei gruppi partitici che speravano in una svolta del paese grazie all'instaurazione di una democrazia simile a quelle vigenti in occidente, vi è chi detiene effettivamente il potere nel paese: i militari. Il timore di perdere le proprie prerogative ed anche i propri privilegi, che verosimilmente verrebbero ridotti da un governo di matrice islamica, ha creato i presupposti per la decisione della Corte. Ora tutto potrebbe ritornare in gioco e ripartire dall'inizio: l'organizzazione logistica dei Fratelli Musulmani, sopravissuta nell'illegalità durante il regno di Mubarak, è capace di ricreare quel clima di protesta che ha permesso la caduta del faraone, anche se ora non dovrebbero godere dell'appoggio dei partiti laici, di cui erano alleati durante le fasi acute della ribellione, che si sono detti scontenti per il risultato delle urne, che appunto, hanno favorito le formazioni confessionali. In questa situazione di profonda incertezza sono state significative le parole di El Baradei, che ha sottolineato come l'elezione di un presidente di un paese privo della Costituzione e di un Parlamento, significa consegnare ad un individuo poteri più ampi di quelli di un dittatore. Ragionevoli, quindi le sue proposte: da un lato l'elezione di un presidente ad interim o, ancora meglio, di un consiglio presidenziale che adempia ai propri doveri insieme ad un governo di unità nazionale e la creazione di una commissione costituente in grado di redigere una legge fondamentale capace di tenere conto di tutte le istanze presenti nel paese. Resta ora da vedere se il paese e sopratutto i militari intenderanno seguire questa strada, alla quale, come alternativa esiste solo di nuovo la guerriglia e le violenze.

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