Blog di discussione su problemi di relazioni e politica internazionale; un osservatorio per capire la direzione del mondo. Blog for discussion on problems of relations and international politics; an observatory to understand the direction of the world.
Politica Internazionale
Cerca nel blog
giovedì 12 luglio 2012
In Europa è ancora presente la schiavitù
I dati presentati dall'Organizzazione Internazionale del lavoro, presentano una situazione europea allarmante riguardo alla presenza di persone sottoposte ad un regime di schiavitù all'interno del territorio del vecchio continente. Sarebbero, infatti, quasi un milione di persone, nella maggioranza di sesso femminile, i lavoratori esclusi da ogni diritto e sottoposti a condizioni di vita vessatorie. Le due maggiori categorie riguardano lo sfruttamento sessuale, con circa 270.000 persone costrette a queste pratiche ed i lavori forzati, che interessano circa 670.000 individui. Nel primo caso, la prostituzione, il fenomeno colpisce cittadine provenienti dall'Asia, dall'Africa e dall'Europa centrale, spesso al centro di vere e proprie tratte di esseri umani, che entrano inconsapevolmente in un meccanismo che gli toglie ogni dignità, spesso vendute dalle stesse famiglie di origine a causa di condizioni di estrema povertà. Queste persone sono alla base della piramide di una delle industrie più prospere, quella del sesso, che è in mano a gruppi di malavita organizzata, e che spesso costituisce una branca di attività più ampie che vanno dal commercio di droga ed armi fino ad arrivare al mercato degli espatri clandestini. Si tratta di un sistema economico criminale che si basa su meccanismi ben oliati e che sfrutta sinergie, anche complesse sopratutto nell'organizzazione ferrea e metodica, per creare economie di scala, particolarmente redditizie, grazie al collegamento ed alla contiguità dei settori di mercato criminale. Del resto anche la parte del lavoro forzato, che, secondo l'Organizzazione internazionale del lavoro, riguarda cittadini comunitari in prevalenza, ma ha punte elevate anche di cittadini africani, specie nell'agricoltura, costituisce un modello economico vincente per chi sta nella parte alta della piramide organizzativa. La già citata agricoltura, l'edilizia, il lavoro domestico ed il settore manifatturiero, costituiscono i principali ambiti dove la schiavitù riesce ad assicurare rendimenti elevati alle organizzazioni criminali, proprio in ragione di un bassissimo costo del lavoro esercitato in ambiti contraddistinti dall'assenza di regole e diritti. Se la considerazione morale non può che essere la base della condanna del fenomeno, anche quella di tipo economico non è da sottovalutare: primo si alimenta un mercato produttivo distorto capace di alterare in maniera determinante la concorrenza nei confronti di quelle imprese che fanno della correttezza la base della loro attività lavorativa, secondo la clandestinità del lavoro non consente l'adeguato controllo della lavorazione da parte dell'autorità costituita, generando fenomeni contraddistinti da carenze igienico sanitarie, ad esempio del settore agroalimentare, o da difetti strutturali nel settore delle costruzioni. Molto rilevante è anche la dimensione che ha raggiunto il fenomeno della richiesta di elemosine e le emergenze ad esso collegate, come l'uso di minori o di persone portatrici di handicap fisici o psichici al centro di vere e proprie speculazioni incentrate proprio sulla loro disabilità. Il pericolo della congiuntura economica attuale è che il fenomeno della schiavitù registri un incremento anche in relazione al riciclaggio di denaro da investire nelle attività ad esso collegato. Sebbene gli stati aderenti all'Unione Europea abbiano compiuto dei passi avanti nel contrasto al fenomeno della schiavitù, sia dal punto di vista legislativo che operativo, il dato presentato dall'Organizzazione Internazionale del lavoro risulta essere talmente sostanzioso nella misura delle sue dimensioni da richiamare l'attenzione verso la necessità di un cambiamento dell'approccio alla lotta del fenomeno. Mettere il problema della tratta degli esseri umani e del loro impiego forzoso in cima ad una agenda comune europea rappresenta, infatti una necessità ormai inderogabile, si tratta di affrontare il problema attraverso una organizzazione capillare di controllo sia per il movimento delle persone, che per gli aspetti finanziari del fenomeno che possono permettere di risalire alle centrali che governano il moderno schiavismo. Cancellare questa pratica non umana è doveroso anche per non avere motivi di mancata legittimità dell'istituzione europea, sempre pronta ed in prima fila per la difesa dei diritti nel mondo, senza che, purtroppo, riesca ad assicurarli completamente sul proprio territorio.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento