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mercoledì 18 luglio 2012
Israele alla finestra della situazione siriana
Il responsabile dei servizi segreti militari di Israele, Aviv Kochavi, stima una vita tra i due mesi ed i due anni per il regime siriano. L'analisi, supportata da dettagliate riprese satellitari, presentata al parlamento di Tel Aviv, apre per il paese della stella di David, un ventaglio di considerazioni sui possibili sviluppi derivanti dalla caduta di Assad. Le possibilità di una guerra tra Israele e Siria, con Assad ancora al comando, sono considerate molto scarse, i reparti siriani che pattugliavano le alture del Golan, sono stati infatti spostati in zone teatro della guerra civile e, sopratutto, intorno a Damasco. Tuttavia l'assenza delle truppe regolari favorisce l'addensamento sulla linea di confine, di cellule appartenenti a gruppi di jihadisti, che possono costituire un pericolo per Israele, perchè possono portare a compimento attacchi terroristici non convenzionali, inoltre questi gruppi potrebbero essere usati dallo stesso regime di Damasco per creare diversivi, tramite attacchi al paese vicino, tali da distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale dalla sanguinosa guerra civile siriana. Quella che si respira in Israele è una sindrome da accerchiamento, il precipitare della crisi siriana libera tutte le paure che Assad, pur da nemico, riusciva a contenere. Per Tel Aviv si acuisce il problema Hezbollah al confine con il Libano, la frontiera con l'Egitto non è più sicura, da quando è caduto Mubarak e con la vittoria delle formazioni islamiche si temono consistenti aiuti verso Hamas, nella striscia di Gaza. Su tutto, poi, incombe la grande paura della progressione verso l'atomica di Teheran, che costituisce una fonte di dibattito continua nel paese. Per quanto riguarda quello che seguirà dopo la caduta di Assad è difficile pronosticare una soluzione sicura a causa della profonda divisione delle forze che si oppongono al regime. Israele, con una vittoria delle formazioni islamiche, rischia di trovarsi come vicino, un'altro stato, che dopo l'Egitto ha abbracciato anche in politica l'islam; ma se in Egitto, pur con tutte le condizioni sfavorevoli presenti per Israele, pesa l'influenza degli Stati Uniti, in Siria questa sarebbe assente ed anzi l'influenza maggiore potrebbe essere quella dell'Iran. Teheran, il maggiore alleato di Assad, impegnato anche in prima persona nella repressione, potrebbe avere buone possibilità di influenzare anche il nuovo corso siriano, sempre che prevalga la linea islamica, proprio in virtù della profonda rivalità con Israele. L'Iran, difficilmente rinuncerà a quello che ritiene un territorio, prima che un alleato, chiave per la propria politica estera, che verte principalmente sul fare da capofila contro quella che definisce l'entità sionista. In questo quadro risulta difficile credere che non possa prevalere la linea di chi vuole la guerra preventiva con Teheran. Anche se i fronti su cui intensificare la vigilanza cominciano ad essere parecchi. Questo potrebbe portare ad una revisione del piano di difesa militare israeliana, in un momento di grande difficoltà politica per il paese, alle prese con la defezione dalla compagine governativa dei partiti ebraico ortodossi, la destra religiosa della nazione israeliana, a causa della questione della fine dell'esenzione dal servizio militare obbligatorio per i lettori della Torah. Israele sta quindi entrando in un periodo cruciale della sua storia, obbligato però ad aspettare lo sviluppo degli eventi, sempre che non decida una azione singola sganciata anche dal quadro della stretta alleanza con gli Stati Uniti.
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