L'amministrazione statunitense avverte, tramite il proprio ambasciatore a Quito, che lo stato dell'Ecuador potrebbe incorrere in sanzioni internazionali per gli accordi siglati con l'Iran, sopratutto nel campo petrolifero. La strategia americana, di isolamento economico del regime iraniano, sta avendo delle difficoltà per la controffensiva messa in campo da Teheran in centro e sud america. Sfruttando la necessità di greggio di paesi che hanno una economia in via di sviluppo e che sono tradizionalmente poco sensibili alle esigenze USA, il governo iraniano ha sviluppato una serie di contatti commerciali, con lo scopo di aggirare l'embargo derivante dal contenzioso sullo sviluppo della tecnologia nucleare, sul quale Ahmadinejad è molto sensibile.
L'Ecuador potrebbe rischiare di diventare un esempio ed un monito per tutti quei paesi, sopratutto dell'area del centro e sud america, che mantengono od intendono instaurare rapporti commerciale con l'Iran. Gli USA, d'altro canto, sono costretti ad una accelerata sulle sanzioni per mettere in maggiore difficoltà Teheran e, sopratutto, mantenere le minacce israeliane di aprire un conflitto preventivo entro i limiti delle sole intenzioni. La controindicazione di questo inasprimento è di aumentare la tradizionale ostilità dei paesi del centro e sud america contro gli Stati Uniti. In Ecuador, ma ancor più in Venezuela, l'applicazione diretta delle sanzioni potrebbe essere interpretata come una ingerenza nella politica interna degli stati e sopratutto la percezione punitiva che ne deriva, potrebbero mettere a rischio le relazioni con Washington. Il pericolo concreto è che venga a formarsi un blocco di stati, in grado di sfidare apertamente gli USA sul terreno della politica estera, con lo scopo di avere maggiore libertà di azione. Per gli Stati Uniti potrebbe così aprirsi un fronte diplomatico molto difficile da gestire, con l'autorità americana messa in pesante discussione. Resta chiaro che la chiusura di un mercato come quello americano, costituisce una minaccia molto forte per economie povere ma in espansione, che hanno necessità di esportare verso nazioni più ricche e logisticamente vicine, quindi la minaccia delle sanzioni, per ora dovrebbe avere ancora il suo potere deterrente adeguato, tuttavia, senza una politica di aiuti mirati, sul lungo periodo, gli Stati Uniti rischiano di perdere la loro influenza sui paesi centro e sud americani, per la grande penetrazione commerciale e quindi anche politica, che stanno esercitando nuovi soggetti, come la Cina, provenienti dall'esterno del continente o come il Brasile, che, si può dire, giochi in casa. Lo sviluppo continuo degli assetti di potere e di forza, in ambito geopolitico, provoca continui cambiamenti degli equilibri mondiali, anche in zone, che alcuni stati considerano sotto la propria esclusiva sfera di influenza. Il caso delle sanzioni verso nazioni collegate ai rapporti con un paese come l'Iran, deve costituire un caso scuola per la politica estera, non solo americana, ma anche per potenze di medio calibro. La continua evoluzione degli scenari internazionali ad una velocità molto più alta che nel passato, dove gli equilibri mondiali erano cristallizzati entro poche variabili, richiede un ventaglio di possibilità, sempre percorribili, da scegliere a seconda degli sviluppi che si concretano in maniera quasi istantanea. Difficile prevedere gli sviluppi e le reazioni se le sanzioni americane verranno applicate, il rischio di creare alleanze anti USA è concreto, per questo, forse, è opportuno che Washington abbandoni la pratica della forza, per abbracciare un tattica maggiormente persuasiva basata su nuove prospettive di politica estera, fatte di maggiore cooperazione internazionale, che consentano agli USA di mantenere la propria influenza ed ai paesi, che cercano sbocchi commerciali con soggetti poco raccomandabili, di avere maggiori possibilità in campo economico con paesi affidabili.
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