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venerdì 20 luglio 2012
La situazione somala resta difficile
Ad un anno di distanza dalla dichiarazione dello stato di carestia in Somalia, da parte delle Nazioni Unite, la situazione nel paese africano resta sempre molto grave. Secondo l'Alto Commissariato per i rifugiati, sarebbero oltre un milione i somali in esilio, ed il numero, nell'ultimo anno, ha avuto un notevole incremento. Le condizioni atmosferiche, segnate dalla mancanza di pioggia, hanno causato un ritardo nella raccolta dei prodotti agricoli, che, peraltro, si annuncia minore nel quantitativo, rispetto alla già scarsa dello scorso anno. L'effetto immediato è una penuria di generi alimentari, che per di più, subiscono un aumento dei prezzi, tale da generare una nuova carestia. Già nello scorso anno la siccità aveva colpito duramente il paese, provocando esodi massicci di persone in cerca di cibo, quella attesa è quindi una situazione che, inevitabilmente, aggraverà la situazione somala ed anche quella del Kenya, principale destinazione dei profughi. Le condizioni sono, infatti, particolarmente critiche a Dadaab, uno dei campi profughi più grandi del mondo, distante circa 100 chilometri dalla frontiera tra il Kenya e la Somalia. Ufficialmente questo campo profughi ospita 463.000 persone, ma calcoli ufficiosi parlano di 630.000 persone, nello scorso anno gli arrivi giornalieri, sono stati in media di 1.000 persone al giorno, ma nei periodi più critici della carestia la cifra è stata abbondantemente superata, con 40.000 arrivi mensili a Luglio e 38.000 ad Agosto. Ma sulla Somalia grava anche la difficile situazione politica, per la presenza del gruppo integralista islamico di Al Shabab, vicino ad Al Qaeda, che ha spesso interferito sugli aiuti alimentari da parte dell'ONU, non graditi perchè di provenienza occidentale. Il primo ministro somalo Ali Mohammed Abdiweli aveva già annunciato a Giugno, una offensiva militare, prevista per Agosto, sulla città di Kismaayo, situata nella regione del Basso Giuba, relativamente vicina al Kenya, base operativa dei ribelli di Al Shabab. Questa eventualità, resa necessaria dalla continua intraprendenza dei ribelli islamici e sollecitata dallo stesso Kenya, in seguito ai ripetuti sconfinamenti in territorio kenyota delle azioni militari dei miliziani di Al Shabab, rischia di essere una aggravante sulla situazione alimentare della Somalia, perchè potrebbe impedire o almeno rendere più difficili, gli aiuti alimentari portati dalle organizzazioni internazionali. Proprio su questo argomento è necessaria una revisione dell'atteggiamento delle potenze mondiali e dell'ONU, che si sono limitate, fino ad ora, a portare soltanto aiuti di emergenza senza organizzare una adeguata programmazione capace di comprendere più livelli per scongiurare l'emergenza somala. E' necessaria una prima forma di aiuto militare che permetta al governo somalo di liberare il proprio territorio da forze che ne impediscono la stabilità e quindi la capacità di affrontare il problema alimentare con un efficace programma basato sulla autosufficienza. Il problema somalo non è meno grave di quello libico o di quello siriano, soltanto perchè la regione non è strategica o non possiede risorse tali da muovere le forze occidentali. Lo stesso Kenya va aiutato perchè fino ad ora si è fatto carico di un problema enorme per le proprie risorse, la presenza del fondamentalismo islamico è comunque pericolosa anche se confinata nel territorio della frontiera somalo keniota.
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