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mercoledì 4 luglio 2012

L'eccessivo potere della finanza nell'economia attuale

Uno studio del Fondo Monetario Internazionale delimita in modo netto il ruolo della finanza in relazione alla crescita. Pur riconoscendo la necessità del mercato finanziario per sostenere gli investimenti, il rapporto dice chiaramente che l'eccesso della presenza del settore finanziario all'interno dell'economia di un paese, gioca un ruolo negativo, perchè, attraverso un uso distorto della leva finanziaria, provoca il surplus di contante colpevole delle cosidette bolle speculative. Lo studio fornisce un dato preciso oltre il quale la finanza è dannosa per l'economia di una nazione, nella misura in cui i prestiti al settore privato oltrepassano il 110% del PIL nazionale. Infatti l'analisi dimostra come i paesi più in crisi siano proprio quelli in cui questa soglia viene superata, inoltre i dati storici degli ultimi trenta anni evidenziano che la crescita del settore finanziario negli Stati Uniti sia cresciuta sei volte più del PIL nazionale. Questi dati concreti, non teorie opinabili, evidenziano che il peso della finanza è diventato preponderante rispetto all'economia reale, finendo per soffocarla e talvolta distruggerla. A parte le considerazioni morali, che devono comunque essere tenute in considerazione se si vuole dare una regolazione efficace al sistema globale, le pratiche del guadagno facile mostrano tutti i loro limiti proprio in un'ottica puramente economica. Il troppo liberalismo su di una parte così importante dell'economia, mascherato da progresso sia politico che economico, si è rivelato fatale proprio per quei soggetti che contestavano l'intervento regolatorio di stati ed istituzioni. La mancanza di regole certe e condivise, sopratutto a livello internazionale, ha provocato la morte di industrie e manifatture che costituivano la ricchezza tangibile di un paese, sostituita con una crescita effimera, che alla lunga si è rivelata fallimentare. L'impoverimento delle famiglie e le difficoltà dei bilanci statali non si possono certo imputare alla sola finanza, ma sicuramente l'uso indiscriminato e non regolato della speculazione ha aumentato di molto le difficoltà economiche, peggiorando considerevolmente la qualità della vita delle persone. Le tante anomalie di questi anni dovevano destare maggiore attenzione in chi è preposto a governare i fenomeni economici, le tante discrepanze delle valutazioni borsistiche, che privilegiavano titoli vuoti, senza cioè una ricchezza materiale di attrezzature e brevetti, rispetto ad aziende in grado di produrre ricchezza attraverso la produzione di beni ottenuti con sforzi lavorativi e capaci di innovare materialmente il mercato, doveva essere un segnale di allarme facilmente interpretabile. Non si può dire il perchè non sia stato così con sicurezza assoluta, se, cioè questa immobilità è dipesa da incompetenza o convenienza, sopratutto per chi ha optato e continua a privilegiare i risultati di brevissimo periodo rispetto ad una programmazione con risultati immediati minori, ma capace di dare stabilità sul medio e lungo periodo. L'opinione più naturale è che l'applicazione pressochè totale del liberismo economico a qualunque latitudine non abbia saputo prevedere gli effetti nefasti che avrebbe prodotto. Si è puntato così su di una economia totalmente non regolata se non da una visione basata sull'esclusivo guadagno immediato, che ha creato, tra i tanti effetti negativi, un aumento della distanza tra poveri e ricchi, determinando la concentrazione della maggior parte della ricchezza nelle mani di pochi. Questo fatto ha poi di conseguenza compresso l'economia per mancanza di risorse alle famiglie. E' quindi ora che si torni ad una regolazione incisiva sul fenomeno finanziario, che deve rimanere perchè essenziale, ma ridotto nei giusti termini di necessità del fabbisogno; il giusto dosaggio infatti può permettere uno sviluppo non più condizionato da improvvise bolle speculative capaci di alterare la effettiva ricchezza di un paese. Uno dei metodi, oltre all'applicazione della Tobin tax, potrebbe essere quello di diminuire la tassazione sul lavoro e sulle imprese produttrici di beni reali, consentendo l'immediato autofinanziamento per il proprio sviluppo in modo da drenare il ricorso alla leva puramente finanziaria, per riportarla nei limiti previsti dallo studio del Fondo Monetario Internazionale.

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