Malgrado la scadenza dell'incontro tra i rappresentanti dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica e l'Iran sia arrivata, dando così luogo ai colloqui bilaterali, che dovrebbero portare ad un accordo per maggiore livello di accesso ai siti di arricchimento dell'uranio presenti nel paese, le aspettative per una soluzione positiva sono molto ridotte. Già nel mese di Maggio doveva essere firmato un protocollo d'intesa tra le parti, tentativo fallito per la mancata intesa tra le parti. Le intenzioni dell'agenzia sarebbero quelle di raggiungere un accordo che consentisse uno sviluppo della questione il più vasto possibile, per risolvere tutte le questioni in sospeso e dare finalmente una soluzione definitiva della trattativa, ma proprio queste ambizioni così estese inducono molte riserve sulla riuscita dei colloqui, tra gli stessi ispettori dell'AIEA. I rappresentanti iraniani, viceversa, ostentano sempre ottimismo, dichiarando di aspettarsi nuovi progressi dall'incontro. L'atteggiamento iraniano non si discosta da quello tenuto nei precedenti incontri: molta disponibilità a parole, ben poca nei fatti. Mentre la tattica ostruzionista continua, permettendo di guadagnare tempo, probabilmente la ricerca iraniana va avanti, come paventato dall'occidente e sopratutto da Israele, che teme fortemente che Teheran raggiunga il così detto punto di non ritorno, oltre il quale, la conoscenza acquisita dagli iraniani sarebbe tale da permettere la costruzione dell'ordigno atomico e renderebbe inutile l'attacco armato preventivo programmato da Tel Aviv. L'AIEA arriva all'incontro con Teheran alla vigilia della pubblicazione del rapporto trimestrale sull'Iran e ciò potrebbe rappresentare un ulteriore elemento a sostegno delle tesi israeliane se il paese iraniano continuasse a vietare l'accesso ai siti sospetti. Se poi venisse inserito nel rapporto, come richiesto da diversi diplomatici occidentali, che il paese iraniano ha installato nuove centrifughe, che permettono l'arricchimento dell'uranio, per Obama sarebbe ancora più difficile riuscire a contenere la volontà di Israele di procedere con le armi. La responsabilità, che grava sul rapporto che stilerà l'AIEA, è quindi molto pesante, sopratutto se sarà evidenziato che l'Iran continua a progredire nelle sue attività nucleari nonostante le sanzioni internazionali a cui è soggetto. In sostanza significherebbe che la tattica di Obama, nonostante i buoni propositi di partenza, non avrebbe portato risultati e sarebbe stata sostanzialmente un fallimento. Ciò sarebbe quasi una certificazione, seppure non certo volontaria, per dare il via alle bellicose intenzioni di Israele. Forse non tutti si rendono conto che ci stiamo avvicinando ad un punto di non ritorno di una situazione già in bilico da tempo e che altre situazioni contingenti non fanno che aggravare. Sia la crisi siriana, che le imminenti elezioni americane potrebbero, infatti provocare la decisione singola ed autonoma da parte di Israele di dare il via all'attacco aereo tanto temuto, in quel caso, malaugurato, gli USA non potrebbero lasciare solo il loro maggiore alleato, scatenando una guerra i cui costi, sia umani, che economici, diretti ed indiretti, sono praticamente impossibili da preventivare. Resta incomprensibile l'atteggiamento iraniano, che pur continuando a proclamare di stare effettuando una ricerca per scopi pacifici, non collabora, lasciando vietati gli accessi ai siti incriminati. Se la bravura politica di Ahmadinejad è sempre stata quella di sapere arrivare un attimo prima del punto di rottura, sopratutto in situazioni delicate, peraltro da lui stesso provocate, questa volta un rapporto dell'AIEA scritto con toni negativi potrebbe rendere vane le attitudini del presidente iraniano e causare al paese, e non solo ad esso, conseguenze non immaginabili.
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