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giovedì 25 ottobre 2012

Berlusconi non si ricandiderà a capo del governo italiano

Con l'annuncio del ritiro dalla candidatura alla corsa elettorale nella veste di candidato premier, Silvio Berlusconi pone la fine alla sua era politica, durata diciotto anni. Pur non trattandosi di una uscita di scena politica totale e definitiva, l'intenzione è quella di rimanere dietro le quinte del suo partito come consigliere e padre nobile, la svolta per tutto il panorama politico italiano è cruciale. Sia da destra che da sinistra, si respira un'aria di scoramento, da una parte per l'assenza futura dall'impegno in prima persona e dall'altra per la mancanza dell'avversario storico di tanti anni, bersaglio costante e fattore di unificazione delle opposizioni. Nei fatti l'uscita di scena è stata una scelta obbligata da diversi fattori e non certo, come affermato, una scelta autonoma e responsabile. Per prima cosa hanno pesato i risultati fortemente negativi dell'economia italiana, condizionati dagli ultimi anni costellati da decisioni sbagliate, che hanno obbligato il Presidente della Repubblica, ha chiamare al governo un gruppo di tecnici, per raddrizzare, almeno nei numeri complessivi, bilanci disastrosi. Ma non meno decisiva è stata l'implosione del partito creato da Berlusconi, Il Popolo delle Libertà, con presupposti non in grado di legare le varie componenti, formate dalla destra estrema assemblata agli ultra liberisti; un partito di plastica, unito solo grazie al carisma del suo fondatore, che ha esercitato il ruolo di padre padrone, ma anche quello di parafulmine. Lo scarso controllo sull'apparato periferico, lasciato libero di proliferare grazie ad arricchimenti indebiti, che hanno provocato scandali di impatto pesantissimo sull'immagine complessiva della forza politica, ha, alla fine, determinato una sorta di tutti contro tutti, dove la vittima designata è stata proprio il partito stesso. Sceso nei sondaggi addirittura al terzo posto, superato anche da un movimento creato da un comico, il Partito della Libertà si stava dissolvendo nelle liti interne, condannato a scissioni che avrebbero ridimensionato drasticamente il peso politico degli autodefiniti moderati. La mossa di Berlusconi, per quanto obbligata, segnala una sensibilità politica ed una capacità operativa, che rappresentano le uniche possibilità di salvezza per il partito. Facendosi da parte da candidato premier, Berlusconi, può riacchiappare quei voti che la destra avrebbe consegnato all'astensionismo piuttosto che optare per il vecchio premier. Ma questa è solo la metà dell'opera, Berlusconi ha lanciato la sua successione con le primarie, il partito deve ora camminare da solo e l'interrogativo più difficile è vedere se resisterà unito senza il suo maggior fattore di amalgama. Il movimento appare tutt'altro che coeso e le candidature esprimono posizioni politiche molto distanti, la scadenza della consultazione per la successione è brevissima, le primarie sono previste per dicembre, e non è esclusa la fuoriuscita dal partito, come già accaduto con Tremonti, di pezzi del movimento per la formazione di nuovi schieramenti. Il quadro è quindi a tinte fosche, tuttavia dall'altro lato dello schieramento le cose non appaiono differenti. Il principale partito di opposizione dato vincente fino ad ora dai sondaggi, più per mancanza di concorrenza che per reali capacità, è altrettanto lacerato da un conflitto interno che, in apparenza pare contrapporre la nuova alla vecchia guardia, in realtà mette di fronte visioni diametralmente opposte del concetto di sinistra. Qui si è ancora più vicino alle consultazioni primarie per designare il candidato premier e le due correnti che possono ambire alla vittoria, la terza quella che si rifà a posizioni vicine all'ultra sinistra non ha alcuna possibilità di affermazione, rappresentano una la copia di un liberismo attenuato simile alle politiche di Blair, l'altra un confusionario compromesso tra il lavoro ed il capitale difficile da comprendere. Se con Berlusconi in campo anche una opposizione così sgangherata avrebbe vinto di sicuro, senza, la certezza viene meno, andando così a rendere determinante il tanto odiato avversario, che cancellandosi dalla competizione da un colpo non decisivo ma pesante, alle aspirazioni della sinistra di andare al governo. Ma l'unica certezza è che ancora una volta Berlusconi gioca un ruolo da protagonista, sebbene questa volta indiretto, della politica italiana. Le prossime tappe di avvicinamento alle elezioni di Aprile riserveranno ancora sorprese, rendendo sempre più incerto l'esito della competizione, da ora tutto è riaperto

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