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mercoledì 24 ottobre 2012

Per Grecia, Portogallo e Spagna sciopero contemporaneo contro l'austerità

L'Europa comincia ad unirsi anche dal basso. Se finora a rendere sempre più vicini e collaborativi tra di loro i governi della UE erano i problemi economici, la cui soluzione è finora andata, in modo univoco, nella direzione di soddisfare i grandi capitali e le istituzioni bancarie e della finanza, il giorno 14 novembre andrà, per la prima volta in scena, uno sciopero generale contemporaneamente in tre paesi. Saranno infatti Grecia, Spagna e Portogallo, guarda caso le tre nazioni i cui popoli sono stati maggiormente colpiti dalle misure dei rispettivi governi, a manifestare contro il ricorso esagerato a politiche di austerità, che hanno compromesso il funzionamento dello stato sociale, peggiorando sensibilmente la qualità della vita dei ceti meno ricchi e più poveri e portato l'economia ad uno stato di sofferenza per la contrazione dei consumi. Protagonista di questa manifestazione è la Confederazione europea dei sindacati, organizzazione che riunisce 85 sindacati di 36 paesi, che inaugura con questa giornata di sciopero una strategia a più ampio raggio per ottenere una maggiore visibilità per cercare di contrastare le politiche recessive dei governi europei. Già in altre occasioni si erano ospitate delegazioni di paesi stranieri durante gli scioperi dichiarati in altre nazioni, fenomeno che ha posto l'accento sul bisogno di una strategia sindacale capace di riunire i sentimenti che sempre più accomunano i popoli europei, ma mai si era riuscito a proclamare una giornata di protesta lo stesso giorno in tre nazioni differenti. Il tema dello smantellamento del modello sociale europeo in favore dello spostamento di potere verso chi detiene la gran parte del capitale, per permettere alle aziende, con la scusa della crisi, l'attenuazione dei diritti dei lavoratori, è ormai un argomento che tocca la sensibilità di platee sempre più vaste. Il ricorso agli scioperi è ormai sempre più frequente ed in alcuni paesi la tensione sociale sta toccando picchi di difficile gestione, sia da parte delle forze politiche, che da quelle sindacali. I dati circa la disoccupazione in Europa dicono che più di 18 milioni di persone sono senza lavoro, di cui almeno un quarto nelle fasce giovanili e questo aumenta il fenomeno del precariato, spesso praticato con diritti sempre meno garantiti. I governi hanno scelto la strada di salvare le banche, addebitando il conto ai salariati ed ai pensionati, che oltre vedere ridotto il proprio potere d'acquisto hanno dovuto subire anche il taglio delle prestazioni sociali, misura che si aggrava ad ogni manovra finanziaria. Nella UE quello che viene individuato come vincente è il modello tedesco, tanto decantato per la sua capacità di esportare. Tuttavia le esportazioni della Germania sono dirette per il 60% della sua produzione all'interno del mercato dell'Unione Europea, quindi se la compressione della capacità di spesa delle altre nazioni europee andrà avanti, ad entrare in crisi sarà anche Berlino, che con i suoi prodotti non ha mai sfondato oltre i confini del vecchio continente. Questo dato deve fare riflettere i governanti europei, che si sono sottomessi alle misure volute essenzialmente dalla Germania, per la sua necessità di fare cassa subito. La locomotiva tedesca, infatti, appare forte con deboli ed il suo bisogno dell'euro è essenziale, una Germania con la propria valuta vedrebbe subito abbassarsi il proprio livello di esportazioni entrando in recessione. Se Berlino ha delle ragioni per pretendere bilanci rigorosi, ha ancora di più l'interesse ad ostacolare le imprese europee sue concorrenti, strangolandole dal lato finanziario, creando così la disoccupazione che attanaglia la maggior parte delle nazioni europee. Questo meccanismo sta diventando ben chiaro alle popolazioni europee dove l'avversione per la nazione tedesca si sta incrementando notevolemente, meno chiaro è come i governi accettino i diktat di Berlino praticamente senza obiettare alcunchè. Ma come vi è necessità di una unione politica paritaria per la sopravvivenza dell'Unione Europea, vi è altrettanta necessità di una unione sindacale, che sappia unire le diverse componenti nazionali e sappia creare una linea di difesa comune del lavoro e dello stato sociale con strategie in grado di rappresentare in modo globale le esigenze, sempre più frustrate, dei popoli europei. Questo passo dello sciopero comune in tre paesi è quindi un punto di partenza per dare una risposta alla continua violazione dei diritti e contro politiche economiche che offendono i ceti meno abbienti, ancora più importante perchè contiene in se il seme dell'unità dei lavoratori europei.

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