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giovedì 4 ottobre 2012

La Turchia coinvolge la NATO sulla Siria

L'attacco siriano contro il territorio turco, che ha causato la morte di cinque civili, ha provocato la decisione della NATO di esprimere formalmente il proprio sostegno alla Turchia, che come paese membro dell'Alleanza Atlantica in situazione di pericolo può avvalersi dell'appoggio militare dell'organizzazione con sede a Bruxelles. La decisione potrebbe costituire la giustificazione dell'intervento sul territorio siriano, tanto invocata dai ribelli, da parte di forze straniere, eludendo il veto del Consiglio di sicurezza dell'ONU, esercitato rigidamente da Cina e Russia. Gli ambasciatori dei 28 paesi che aderiscono alla NATO, in riunione di emergenza, hanno affermato in maniera univoca, che Damasco sta esercitando chiare violazioni del diritto internazionale nei confronti di un loro alleato. Tale dichiarazione potrebbe costituire il preludio a forme di intervento attive nei confronti della Siria. I piani militari delle armate di Assad, nei confronti del vicino turco, rientrano nella volontà di fermare il flusso dei profughi che fuggono oltre frontiera ed al contempo contrastare le basi dei ribelli presenti sul territorio turco. Gli episodi conflittuali tra i due stati, da quando è cominciata la guerra civile siriana, non sono infrequenti, prima dell'ultimo episodio, il caso più rilevante era stato l'abbattimento di un aereo militare turco da parte della contraerea di Damasco. Ma questa volta la risposta all'atto ostile siriano non è stata soltanto diplomatica, infatti l'esercito turco ha bombardato il territorio della Siria, in risposta al razzo caduto entro i propri confini. Appellandosi all'articolo numero cinque del Trattato Nord Atlantico, che prevede la difesa collettiva contro un attacco a uno dei suoi membri, la Turchia costringe la NATO, finora in una posizione di secondo piano nella vicenda siriana, ad esporsi in maniera definita. Per gli USA questo fatto potrebbe essere l'opportunità per intervenire per porre fine ai massacri, azione che sarebbe da tempo nelle intenzioni di Washington, da percorrere però, non come una iniziativa singola degli Stati Uniti, ma di concerto con altre potenze e meglio se con l'approvazione delle Nazioni Unite. Tuttavia, stante il perdurare dei veti di Mosca e Pechino nella sede del Consiglio di sicurezza, anche un copertura di ripiego, ma sempre importante e sopratutto sovranazionale, come quella della NATO potrebbe giustificare l'intervento militare. Occorre però considerare come si vorrà intendere, sempre nel caso si decida per una azione armata, l'applicazione dell'articolo cinque del patto atlantico. Se verrà optato per una azione limitata alla difesa del suolo turco senza l'invasione di quello siriano, questa si concretizzerà con azioni di contenimento delle forze fedeli ad Assad, l'intervento, cioè, non sarà di una portata tale da alterare l'equilibrio delle forze, lasciando al governo in carica a Damasco notevoli opportunità di potere continuare la sua lotta da un punto di forza maggiore delle forze ribelli. Se si sceglierà questa strada sarà ritenuto politicamente più conveniente non complicare le relazioni con Cina e Russia, per non alterare situazioni diplomatiche già difficili, che potrebbero creare complicazioni di politica internazionale ad Obama nella occasione delle imminenti elezioni presidenziali USA. Viceversa, se si vorrà applicare una lettura ed una applicazione estensiva del già citato articolo cinque, si dovrà fornire una lettura della situazione che ritenga la permanenza al potere di Assad come un pericolo per lo stato turco in modo da giustificare un più massiccio impiego della forza. Questo avrebbe come obiettivo, oltre alla fine della guerra civile, il favorire l'insediamento al potere di quei gruppi con una maggiore inclinazione di simpatia verso il mondo occidentale, anche tenendo conto delle evoluzioni politiche con derive verso forze confessionali islamiche, che si sono verificate nelle precedenti primavere arabe. Questo aspetto è uno dei motivi di maggiore analisi e titubanza da parte degli Stati Uniti, che se da un lato devono impedire la vittoria di Assad, per scongiurare un paese al confine con Israele praticamente sotto il controllo iraniano, non hanno ancora chiaro come sia l'assetto delle forze ribelli, che costituiscono un coacervo di tendenze, che in caso di vittoria, si ritiene difficile mettere d'accordo, con potenziali ulteriori sviluppi di conflitto. Tuttavia pare poco credibile che la Turchia voglia avere ancora al proprio confine una tale situazione di instabilità; l'esercito turco è sufficientemente forte da battere quello siriano, che seppure bene armato, si trova a fronteggiare una guerra civile. Se Ankara dovesse decidere anche in modo unilaterale di dare il via alle operazioni, per la NATO sarebbe impossibile chiamarsi fuori, ma per gli USA ed in generale per l'occidente si potrebbero aprire una serie di difficoltà diplomatiche di non poco conto.

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