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martedì 2 ottobre 2012

L'ONU in difficoltà finanziaria per gli aiuti ai rifugiati

L'ONU è in difficoltà per i costi sostenuti per gli aiuti ai rifugiati nel mondo. Una serie di combinazioni tragiche ed una congiuntura economica sfavorevole, che fa sentire la sua ricaduta anche sugli aiuti umanitari, obbligano le Nazioni Unite ad affrontare le varie crisi mondiali con mezzi finanziari sempre più scarsi. Occorre dire che l'avanzata del fondamentalismo islamico, che genera esodi di massa nel continente africano, rappresenta il fattore politico strategico preponderante, insieme alle guerre spesso scaturite dalle primavere arabe, all'origine del grande incremento del fenomeno dei rifugiati. Dal lato economico vi è l'aumento dei prezzi delle derrate alimentari, determinato dalla combinazione delle avverse condizioni climatiche unito alla crisi economica che sta colpendo l'intero pianeta, ad aggravare la voce di bilancio che il Palazzo di vetro destina agli aiuti umanitari. Ma insieme a questi fattori vi è anche lo scarso finanziamento che l'ONU riceve dai paesi membri, spesso costretti a tagliare i fondi destinati agli aiuti umanitari, per mancanza di risorse interne. Del resto il fabbisogno economico che deve materialmente sopperire agli aiuti di circa 42 milioni di persone è affare di complicata gestione finanziaria. Già nel 2011 il numero dei nuovi rifugiati è stato di 800.000 persone, mentre nel 2012, con l'apertura dei fronti siriano, sudanese, del Congo e del Mali, il tragico conto di chi è stato costretto a fuggire dalla propria terra ammonta già a 700.000 persone. Per cercare di limitare questo triste fenomeno, già caratterizzato dalle difficili condizioni di vita dei profughi ed ora aggravato dalle scarse risorse finanziarie che non potranno che peggiorare il livello della qualità degli aiuti, occorre elaborare una strategia preventiva che ne sappia ridurre sensibilmente il dato numerico. Tale strategia deve vertere su due strumenti essenziali: quello diplomatico e quello militare. Se situazioni contingenti come quella siriana, sono obiettivamente difficili da controllare, come il fallimento della missione di Kofy Annan ha dimostrato, sulle situazioni africane, che rappresentano la consistenza maggiore di profughi, occorre un intervento deciso volto ad eliminare la fonte del problema. Il caso del Kenya, che con i propri militari, sta respingendo le milizie islamiche, costituisce un valido esempio di come possa essere impiegata una forza internazionale, e quindi ben più potente dell'esercito di Nairobi, per liberare interi territori da cui sono fuggite masse ingenti di persone a causa dell'instaurazione di estremisti religiosi. E' chiaro che per fare questo occorre una volontà politica che sappia coinvolgere nazioni di diverso orientamento, ma questo non può che essere un investimento per una maggiore stabilità delle regioni dove il fenomeno dei profughi ha assunto livelli tali da ripercuotersi anche nei paesi più ricchi. Un'altra causa dell'incremento degli esodi sono le sempre più frequenti carestie, che colpiscono determinate zone del pianeta. La mancanza di investimenti volti a procurare l'autosufficienza alimentare è una macchia, che sia l'ONU, che le potenze mondiali e le nazioni industrializzate, devono cancellare. Il ruolo delle Nazioni Unite deve essere di maggiore coordinamento ed impulso a tali forme di aiuto, che possono permettere anche una crescita economica di paesi poveri, fuori dai mercati mondiali. L'attuale situazione dimostra come il solo aiuto inteso come intervento di emergenza è ormai insufficiente, perchè si basa su presupposti economici che non vanno aldilà della situazione di emergenza; la necessità di una programmazione che abbracci piani diversi di intervento è un aspetto non che non ammette rinvii e che, purtroppo, dimostra ancora una volta l'inadeguatezza dell'ONU attuale, con un sistema di gestione non più adatto alla fase storica attuale.

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