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lunedì 1 ottobre 2012
L'Europa meridionale attraversata dalla crisi
Le tante manifestazioni che attraversano, sopratutto il sud dell'Unione Europea, dimostrano che il disagio sociale è sempre più intenso. Alle politiche economiche di austerità varate dai governi di Grecia, Portogallo, Spagna ed Italia sta per aggiungersi la Francia; il fine dichiarato è quello di abbassare i deficit degli stati per raggiungere un pareggio di bilancio, che però, così formato è destinato ad abbassare ulteriormente la già difficile situazione delle famiglie in special modo dei salariati e dei pensionati. L'accoppiata mortale formata dall'aumento delle tasse con la riduzione dei servizi ed anche delle entrate, ha portato la maggior parte dei nuclei familiari dei paesi dell'europa meridionale verso una compressione dei consumi che ha generato una recessione ormai impossibile da contenere. L'impressione è che questo fenomeno non sia stato previsto in modo così profondo da chi ha eleborato le strategie di contenimento economico, infatti, oltre alle tensioni sociali destinate a crescere, questo risultato ha anche provocato il minore gettito fiscale che ha in parte invalidato i duri provvedimenti presi. Questo fatto, aldilà delle promesse di ripresa, blocca la ripartenza dell'economia condannando la situazione ad un avvitamento senza uscita. Le grandi manifestazioni di piazza, sfociate purtroppo in scontri anche violenti, testimoniano che il livello di guardia è ormai oltrepassato e che le conseguenze che si prevedono sull'ordine pubblico sono delle peggiori. Siamo di fronte a governi, eletti e no, che sovvertono in maniera clamorosa programmi elettorali, in alcuni casi annunciati soltanto pochi mesi prima; il corpo elettorale, specialmente quella parte che ha dato il proprio sostegno in sede di voto, si trova spiazzato e tradito da politiche che vanno completamente nella direzione opposta a quella concordata con chi ha concesso la fiducia. Se questo stato di cose si unisce alla prostrazione economica della maggior parte della popolazione, si ottiene una miscela altamente esplosiva; gli stessi sindacati si sono dichiarati più volte incapaci di potere controllare la rabbia dei lavoratori, non avendo più argomenti per calmarli. Una situazione così diffusa di malcontento, che si sta sempre più allargando anche a ceti sociali più abbienti, diventando così un fenomeno trasversale della società, rappresenta una situazione di novità all'interno della UE, proprio per la sua larga diffusione in diversi stati membri, assumendo proporzioni talmente vaste da provocare la domanda se lo stesso concetto di esercizio della democrazia in Europa non abbia assunto una distorsione tale da decretarne una revisione. Se, infatti, alla base dell'azione dei governi deve esserci la maggiore diffusione del benessere della società, da raggiungere con modalità differenti a seconda dell'orientamento politico che detiene la maggioranza, quello a cui stiamo assistendo è un capovolgimento delle finalità che sembra vengano percorse. Le decisioni di salvare istituti finanziari e bancari, spesso colpevoli della crisi per le loro gestioni dissennate, attraverso il taglio di servizi e l'aumento delle tasse a chi ha già spesso patito in prima persona le conseguenze di queste politiche scellerate, penalizzandoli, quindi, in maniera doppia, non può che scatenare il malcontento e l'astio contro i centri di potere che si muovono in direzione univoca. L'assenza di politiche alternative, che pure in un quadro di rigore, permettano il mantenimento dei già bassi livelli occupazionali e trovino soluzioni per l'ingresso nel mondo del lavoro delle fasce di età più basse, rischiano di ingrossare quei movimenti, talvolta estremisti, che puntano alla dissoluzione europea, che nella loro visione rappresenta l'unica via di uscita da una organizzazione sovranazionale identificata, purtroppo talvolta a ragione, con i potentati finanziari responsabili della situazione. Questo pericolo è ancora più grande quando si assiste alla pochezza di Bruxelles nel governare la situazione, che lascia di fatto il comando a mercati e borse; questi, attraverso loro emanazioni, come gli istituti di valutazione, che esercitano metodi anche illeciti, influenzano i governi, con dati anche artificiosamente costruiti e dettano la linea da seguire alle cancellerie. L'assenza della politica da tanti invocata, sebbene con ragioni comprensibili, provoca così un vuoto di potere subito riempito dalle istituzioni finanziarie che non possono non governare a loro favore, facendo pagare il costo della crisi a chi già la subisce. Quello che occorre è una appropiazione della politica dal basso che si esplichi con controlli severi contro quelle distorsioni che hanno favorito questo stato di cose: vi è un bisogno disperato di maggiore legalità, una condizione che dovrebbe essere scontata ma che attualmente è merce sempre più rara. Putroppo senza dare motivi di una inversione di tendenza alle masse che scendono in piazza la situazione è destinata ad aggravarsi, dopo avere richiesto tanti sacrifici occorre dare in cambio qualcosa capace di riportare fiducia nei tessuti sociali di quei paesi che hanno sottoposto i loro cittadini a sacrifici per certi versi poco comprensibili. In questo senso strumenti come la tobin tax e l'introduzione di forme di tassazione del patrimonio, capaci di alimentare fondi in grado di abbassare l'imposizione fiscale sul lavoro ed in grado di creare sostegno all'occupazione potrebbero essere un inizio in grado di calmierare le diverse situazioni difficili, ma questi provvedimenti dovrebbe essere adottati a grande raggio, cioè su basi territoriali sovranazionali e parti di azioni coordinate per avere un maggiore impatto; certo senza una unione politica che sostenga tale volontà la situazione frammentaria non può che favorire il potere economico già esistente.
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