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venerdì 26 ottobre 2012
Londra potrebbe negare le proprie basi agli USA per l'attacco all'Iran
Con la situazione iraniana che non pare evolversi in un senso positivo e la continua pressione di Israele per un attacco preventivo, gli Stati Uniti, pur cercando di evitare l'escalation militare, si trova a dover programmare la logistica in funzione della possibilità che l'opzione bellica si concretizzi. A questo scopo il Pentagono ha contattato diversi stati per il permesso di sorvolo e l'utilizzo di alcune basi militari, che possano permettere il rifornimento e la manutenzione dei velivoli militari. In particolare sarebbero stati avviati contatti con l'alleato principale degli Stati Uniti, il Regno Unito, per ottenerne la collaborazione, attraverso l'uso delle installazioni situate nel suo territorio. Il Ministero della difesa britannico, consultandosi con il ministero della giustizia avrebbe negato l'accesso e quindi l'utilizzo alle proprie basi militari perchè ciò andrebbe a violare il diritto internazionale. In parole povere il governo britannico o teme, in ragione degli ordinamenti internazionali, una sanzione da parte delle Nazioni Unite oppure teme le ritorsioni iraniane. In tutti i casi la negazione delle basi britanniche alle forze armate USA, costituisce una maniera per esprimere forte disaccordo con la possibilità di un attacco all'Iran. Questo elemento rappresenta una novità assoluta, sia per i rapporti molto stretti tra i due stati, che per quanto riguarda il panorama internazionale occidentale, dove grazie alla compattezza sulle sanzioni contro la Repubblica islamica, non sono mai state messe in conto possibili defezioni. Ma un attacco militare alzerebbe il livello della ritorsione, che comporterebbe una responsabilità di gran lunga maggiore se paragonata a sanzioni economiche, di fronte ad un conflitto, che rischierebbe di allargarsi oltre i confini della regione e potrebbe avere implicazioni di una portata molto vasta per il possibile uso di armamenti nucleari. Il no britannico apre quindi una spaccatura di non poco conto nell'alleanza occidentale per la contrarietà alla scelta di attaccare l'Iran. Sarà facile che all'atteggiamento di Londra si accodino le altre capitali europee, non certo favorevoli ad essere coinvolte in una guerra non certo condivisa. Recenti simulazioni hanno previsto che l'Iran potrebbe arrivare a colpire addirittura l'Italia con i suoi missili. Non pare credibile quindi, che ne l'Unione Europea, ne i singoli stati, vogliano appoggiare Israele e gli USA in una azione militare della quale non possono prevedersi gli sviluppi, neppure con la sola concessione delle basi presenti sui loro territori. Se questa sarà la tendenza che si affermerà, per Israele sarà sempre più difficile contare sull'appoggio dei paesi occidentali, neppure mettendoli di fronte al fatto compiuto. L'impressione è che la questione, per le cancellerie occidentali, se arriverà al punto di rottura, non sarà considerata affare loro. Questa situazione lascia Tel Aviv in un isolamento pressochè totale sull'argomento, che, però, potrebbe significare ancora meno cautela, perchè getterebbe il paese in preda ad un terrore ancora maggiore e ad un senso di accerchiamento capace creare i presupposti per una azione mal ponderata. Anche gli USA vengono messi in difficoltà, oltre che venire a mancare l'appoggio materiale, la negazione delle basi significa anche il venire meno dell'appoggio morale e politico ad una eventuale azione di forza. Ma nell'immediato la sensazione americana deve essere di smarrimento totale di fronte al rifiuto britannico, l'alleato da sempre più fidato. Se questa situazione fa il gioco di Obama, che può mettere sul tavolo, oltre la propria contrarietà, anche quella degli occidentali ad un attacco militare contro l'Iran, per rafforzare ancora di più l'azione delle sanzioni, preoccupa le sfere militari alle prese con una gestione molto difficoltosa di un'azione, che, comunque, non è stata ancora scongiurata; ed inoltre mette nei guai Romney, nell'eventualità di una sua elezione, che deve tenere conto dell'importanza del rifiuto britannico prima di proseguire nella sua intenzione, più volte dichiarata di bombardare l'Iran. Se l'opinone pubblica era concentrata sulla scena contraddistinta dal dualismo Iran- Israele, con gli USA dietro le quinte, la variabile inattesa della decisione britannica, rischia di portare scompiglio nel teatro della contesa: chiamandosi fuori le spalle di Washington, benchè larghe, non sembrano sufficienti per portare il peso di una responsabilità così grande.
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