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mercoledì 17 ottobre 2012
Netanyahu vuole legalizzare gli insediamenti in Cisgiordania
Nonostante il parere contrario del ministro della difesa Ehud Barak, Netanyahu, con l'approssimarsi della fine della legislatura, cerca di regolarizzare gli insediamenti dei coloni costruiti in Cisgiordania. La manovra ha un senso politico, il primo ministro uscente e capo del Likud, che ha deciso di anticipare le elezioni, forte di sondaggi favorevoli, non vuole correre alcun rischio e punta con il provvedimento che ha intenzione di approvare, ad avere il pieno appoggio dell'estrema destra nazionalista. Secondo Netanyahu, il provvedimento avrebbe basi legali, grazie alla favorevole relazione redatta da una commissione di giuristi, guidati dall'ex giudice della Corte Suprema Edmond Levy, che respinge l'illegalità delle colonie. La manovra di avvicinamento per portare a termine il contrastato obiettivo, parte dalla necessità di migliorare la vita degli abitanti delle colonie, ma contiene gli strumenti per rendere maggiormente flessibili i requisiti amministrativi e legali, che possano facilitare la costruzione di altri insediamenti grazie ad un iter burocratico più veloce. Il timore di ripercussioni sui già difficili, proprio per questi argomenti, rapporti con la comunità internazionale, hanno determinato le dichiarazioni del Ministro dei Trasporti e leader del Likud, Israel Katz, che ha affermato, che la misura non è una dichiarazione di sovranità su queste porzioni di territorio e neppure una annessione della popolazione palestinese; tuttavia ciò appare in chiaro contrasto con quella che sembra la volontà, sopratutto politica, del provvedimento. Il dato più evidente è però la mancanza di una linea comune anche all'interno dello stesso governo di Tel Aviv: se da una parte il ministro della difesa, per cercare di riavviare il dialogo con i palestinesi, si sbilancia con il capo dell'ANP su di un possibile ritiro dalla Cisgiordania, il provvedimento caldeggiato da Netanyahu va nella direzione opposta. Questi segnali di contrasto erano già emersi in più occasioni relativamente alla necessità di attaccare l'Iran, ma parevano divergenze su ragioni di opportunità più che di merito, in questo caso, invece, le linee di condotta dei rispettivi membri del governo paiono divergere completamente. Se Netanyahu agisce in nome di esigenze contingenti, come le elezioni sempre più prossime, Barak pare avere una visuale più ampia, che tiene conto, cioè, dell'impatto di un tale provvedimento sulle relazioni diplomatiche di Israele, destinate a deteriorarsi ulteriormente ed ha rendere il paese ancora più isolato. Una condizione non proprio ottimale per una nazione che potrebbe scatenare una guerra con conseguenze sicuramente nefaste, ma anche imprevedibili, data la posta in gioco. L'opposizione israeliana si attesta su questa linea e ritiene dannoso per il paese regolarizzare le enclaves illegali. Vi è poi la questione della giustificazione legale adotta su cui si vuole basare il provvedimento e che praticamente invalida gli accordi del 1967. La tesi è che prima di quell'anno l'unica nazione riconosciuta ad avere sovranità su quei territori era Israele, dopo quella data nessuna nazione ha esercitato la sovranità sulla Cisgiordania e quindi la continuità temporale dell'esercizio della sovranità giustifica l'esistenza delle colonie. Questo argomento contorto e privo di sussistenza giuridica rischia di diventare un valido argomento per gli estremisti di entrambe le parti, ed il suo uso indiscriminato ed irragionevole non può essere accolto dalla comunità internazionale. Israele ancora una volta, conta sul silenzio colpevole delle Nazioni Unite, che dovrebbero reagire immediatemente con tutti gli strumenti legali a loro disposizione contro Tel Aviv, per impedire una tale violazione, che può portare a sviluppi molto pericolosi ed anche gli Stati Uniti, principale alleato degli israeliani, dovrebbe adoperarsi per scongiurare l'applicazione di una tale volontà. La reazione dei palestinesi è stata scontata quanto, fino ad ora, composta. L'ANP ha ribadito l'inesistenza di alcun fondamento delle pretese israeliane sui territori della Cisgiordania e di Gerusalemme Est, definendo ridicolo il provvedimento promosso da Netanyahu.
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