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Politica Internazionale
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lunedì 8 ottobre 2012
Romney torna sulla politica estera
Mitt Romney cerca di recuperare sul terreno in cui è più debole: la politica estera. Nonostante la risalita nei sondaggi, dovuta alla buona prestazione nel confronto diretto con il presidente uscente, il 46% degli elettori statunitensi pensa che Obama sarebbe più competente sulla materia internazionale, rispetto al 40% che da maggiore credito a Romney. Rispetto al dato di luglio, che vedeva un vantaggio per il presidente in carica del 47% rispetto al 39% dello sfidante, vi è stata una notevole crescita, che, però non è stata ancora sufficiente a colmare il considerevole svantaggio. Romney paga questa considerazione inferiore, per dichiarazioni estemporanee, che ne hanno fatto comprendere la scarsa preparazione sui fatti internazionali e diplomatici. Tuttavia il lavoro dello staff e gli ultimi accadimenti legati agli attacchi alle sedi diplomatiche americane, seguite al film su Maometto, hanno rilanciato lo sfidante alla presidenza USA, anche in questo campo. Romney ha così sferrato un attacco frontale contro la politica improntata alla prudenza di Obama, accusandolo di passività di fronte agli atti anti americani che sono avvenuti. Lo sfidante repubblicano ha proposto una ricetta che preveda un maggiore interventismo militare come risposta agli atti ostili verso gli Stati Uniti, frutto di una sottovalutazione del peso sempre più crescente del terrorismo islamico. Il punto debole della politica di Obama, secondo Romney, è l'eccessivo attendismo di una stabilizzazione, che senza un consistente aiuto americano non può verificarsi. E' chiaro che è una concezione dei rapporti con gli stati che sono usciti dalle primavere arabe diametralmente opposta a quella fin qui praticata da Obama, il quale ha preferito un profilo più basso proprio per non incorrere nel luogo comune che di solito vede l'azione americana come imperialista. Certamente i fatti seguiti alla diffusione del film su Maometto hanno favorito una presa di posizione che può fare breccia in certi ambienti della destra americana, fornendo gli indecisi a recarsi alle urne un argomento sempre convincente. Del resto, un'altra proposta di Romney tornata attuale è l'aumento del budget destinato alle spese militari e la questione israeliana con l'Iran, dove le soluzione dello sfidante collima con quella del presidente Netanyahu e cioè attaccare Teheran. Questi segnali non possono che essere letti come preoccupanti, in questo momento, pur con tutti i distinguo del caso, è senz'altro preferibile un presidente come Obama capace di gestire in modo più pacato anche altre situazione come il rapporto con la Russia e quello con la Cina, per ora tenuti sotto controllo grazie ad una intensa attività di mediazione, che non pare nelle capacità e nelle intenzioni di Romney. L'attuale fase storica non ha certo bisogno di persone al potere come il candidato repubblicano, che nonostante abbia migliorato nell'esposizione, resta un convinto assertore dell'affermazione degli USA come prima potenza mondiale in maniera dichiarata, cosa che Obama, pur continuando a perseguire nei fatti, evita accuratamente di ostentare.
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