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venerdì 2 novembre 2012

Londra sempre più lontana dalla UE: per Bruxelles è tempo di prendere una decisione

La crisi in cui si trova il governo britannico del conservatore Cameron, relativa al voto contrario del parlamento di Londra sul bilancio dell'Unione Europea, potrebbe portare la sesta economia mondiale fuori da Bruxelles. Attualmente l'effetto immediato generato dal voto contrario è di avere acuito l'isolamento in cui il Regno Unito sta patendo dentro la UE, una condizione di emarginazione voluta dagli stessi britannici poco disposti a cedere quote di sovranità, in nome dell'unificazione finanziaria e politica del vecchio continente. E' una posizione, di fatto, voluta dal premier in carica, Cameron, che con il suo atteggiamento chiaramente euroscettico, ha tenuto una condotta tale da prendere i vantaggi dell'appartenenza all'Unione, rifiutandone le scelte scomode che hanno cominciato ad essere sempre più frequenti per combattere la crisi. Infatti se questo comportamento era ancora sostenibile dagli altri membri e dal complesso dell'Unione Europea in assenza delle problematiche legate al sopraggiungere della crisi, con il peggioramento dell'economia mondiale ed in particolare dell'area dell'euro, la condotta britannica, troppo staccata dalle politiche comuni sempre più pressanti, non pare essere più sostenibile da Bruxelles. Del resto anche il comportamento dello stesso Cameron ha più volte evidenziato la ricerca di spazi liberi per attrarre capitali a discapito degli alleati, riempiendo gli spazi che si erano venuti a creare in maniera scorretta, che hanno sottoscritto regole e politiche economiche più severe. L'eccessiva protezione della finanza londinese, teatro di grandi speculazioni che hanno contribuito alla crisi della moneta unica europea, il rifiuto dell'applicazione, conseguente, della Tobin tax e l'isolazionismo monetario hanno decretato per il Regno Unito la patente di inaffidabilità alla causa europea, già prima di questa ultima votazione negativa. Tuttavia sembra di essere vicini ad un punto di non ritorno, lo stesso premier, appare preoccupato per le conseguenze del rifiuto del bilancio europeo e negli stessi euroscettici, la prospettiva di essere fatti uscire dall'Unione Europea, è vista con timore. I motivi espressi per giustificare l'ennesimo rifiuto all'Europa, paiono scuse di facciata, che non possono fornire adeguate spiegazioni ad una eventuale richiesta da parte di Bruxelles. Affermare che la ragione principale del voto contrario è la difesa del contribuente britannico sembra, oltre che una banale scusa, una visione troppo a corto raggio della situazione e sopratutto della sua evoluzione, tanto che, insieme a chi è realmente convinto di questa motivazione, vi è anche chi stato preso in contropiede da un risultato denso di troppe incognite. Se per Londra il bilancio europeo è fonte di spese esagerate, ed inoltre ciò rappresenta soltanto l'ultima politica economica europea con cui si è in pressochè totale disaccordo, deve essere coerente con la sua idea, prendere atto che la maggioranza degli stati membri della UE ha deciso in una direzione opposta ed uscire dall'Unione Europea. Bruxelles non ha ancora espresso una posizione ufficiale, ma Londra risulta ancora più lontana con il verificarsi di questo episodio, che però non desta sorpresa e si colloca in un solco già abbondantemente segnato proprio dal Regno Unito. Piuttosto sarebbe da prendere in considerazione la possibilità di una esclusione dalla UE del paese britannico su impulso del Parlamento Europeo, quale atto politico fondante di una unione basata sulla piena condivisione ed accettazione di regole comuni capaci di fornire quella unità politica ormai irrinunciabile. Per lo scetticismo di Londra, nella casa comune europea, non deve esserci posto, la velocità della crisi impone scelte, che possono sembrare dolorose, ma che appaiono necessarie e funzionali per il raggiungimento dell'obiettivo dell'unificazione. Una tale scelta avrebbe implicazioni negative da ambo i lati, potrebbe cadere la libera circolazione di persone e merci ed i flussi di denaro che sono andati anche verso l'isola a nord della Francia cesserebbero di prendere quella direzione. Probabilmente Londra non ha valutato bene, specialmente sul lungo periodo, gli effetti di una esclusione dalla UE, anche se il timore che si respira negli ambienti politici ed economici londinesi pare prendere sempre più coscienza di un evoluzione portatrice più di aspetti negativi. Con la rottura vicina, però il governo lascia aperto uno spiraglio per cercare di convincere il partito di maggioranza, lo stesso del governo, a cambiare atteggiamento: ma sarebbe il momento giusto per Bruxelles per fare un atto clamoroso, capace di presentare la UE come protagonista al mondo intero e decidere l'esclusione del Regno Unito, provvedimento che servirebbe come monito ad altri campioni dello scetticismo europeo.

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