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lunedì 5 novembre 2012

Un intervento militare in Mali è questione di tempo

Il timore della comunità internazionale, per un avanzamento dell'estremismo islamico nel nord del Mali, spingono la diplomazia ad accelerare la strategia di pressione sul gruppo tuareg Ansar Dine affinchè rompa la sua alleanza con Al Qaeda. La situazione nella parte settentrionale del Mali è caratterizzata da gruppi armati che applicano in modo integrale la Sharia e quello che viene temuto è un'espansione dell'influenza di questi gruppi nei paesi confinanti: Algeria e Burkina Faso. Proprio nei giorni scorsi in Burkina faso ci sarebbe stato un vertice con i leader di Ansar Dine, con il chiaro scopo di allontanarli, tramite la rottura con le organizzazioni jihadiste, AQIM (Al Qaeda nel Maghreb islamico) ed il Movimento per l'unità e la jihad in Africa occidentale, dall'influenza di Al Qaeda e raffreddare, così la tensione della regione. Inoltre colloqui si sarebbero svolti anche ad Algeri, con i rappresentanti di Ansar Dine, che avrebbero sottolineato la loro indipendenza dalle volontà dei movimenti legati ad Al Qaeda. Se queste premesse possono fare sperare in un isolamento di Al Qaeda, dalla contesa, eliminando una potenziale alleanza pericolosa, non scongiurano la possibilità di un intervento militare, a lungo studiato e preparato dai paesi dell'Africa occidentale con il sostegno logistico di USA e Francia, finalizzato a restaurare l'autorità della capitale del Mali, Bamako, sul proprio territorio e sopratutto infliggere un colpo definitivo all'estremismo islamico presente nel paese attraverso le formazioni legate ad Al Qaeda. Per l'occidente questo fronte sta diventando importante, perchè eliminare la presenza qaedista da questi territori, che non sono facilmente controllabili, significa eliminare basi logistiche e di addestramento per i terroristi islamici e, sopratutto, impedire uno sviluppo dell'influenza, anche politica e non solo militare, di Al Qaeda, che potrebbe, in un futuro prossimo, diventare punto di riferimento di un progetto più ampio della diffusione dell'estremismo islamico. Per Al Qaeda al contrario, dopo le ripetute sconfitte ricevute, l'affermazione, sotto forma di sovranità, in un territorio fisico determinato può significare un punto da cui ripartire per la propria riorganizzazione. Ma la strategia dei sostenitori dell'azione militare non può basarsi su interventi isolati, ma deve essere costruita attraverso la creazione di una rete di alleati locali ben radicati sul territorio, in modo da garantire che gli effetti dell'intervento siano durevoli nel tempo, ripristinando le condizioni di sicurezza che impediscano la rinascita di Al Qaeda nella regione. In quest'ottica è così da inquadrare la trattativa con il movimento Ansar Dine ed il suo leader Iyad ag Ghaly. Tuttavia un attore fondamentale nel teatro in cui si svolge la questione, l'Algeria, non è mai stato favorevole ad un intervento militare immediato, ciò riduce i margini di manovra dei piani occidentali, giacchè senza Algeri, od anche senza il suo appoggio più convinto, la riuscita di una azione bellica sarebbe fortemente compromessa, perchè verrebbe a mancare l'esperienza dell'esercito algerino e la conoscenza della sua diplomazia, che ha gestito in precedenza i complicati rapporti con il Gruppo Islamico Armato, formazione da cui è derivata Al Qaeda nel Maghreb. Algeri, infatti, propende, in una prima fase, per un maggiore coinvolgimento dei Tuareg più nell'azione politica che in quella militare, in maniera di isolare i gruppi terroristici, da colpire in una seconda fase. Risulta chiaro che l'elemento fondamentale è però il tempo, gli occidentali stimano che la situazione richieda una risoluzione più rapida, perchè temono che il contagio dell'estremismo si propaghi ad una velocità superiore a quella necessaria per risolvere la questione con gli intendimenti algerini. Su di questa divergenza si giocherà il futuro, immediato e no, della zona del Mali ora sottomessa alla sharia.

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