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martedì 13 novembre 2012
Politica estera e politica militare della Cina
La crescita economica cinese non ha sostenuto soltanto lo sviluppo, seppure contrassegnato da profonde differenze e diseguaglianze, della popolazione, ma è stato ed è tuttora funzionale ad un disegno più complesso che riguarda l'ambizione di grande potenza, con tutto ciò che ne consegue in termini di influenza sul piano internazionale, che deve essere sostenuta da un adeguato investimento per potere disporre di una forza armata sempre più equipaggiata. Va detto che, per ora, le velleità di grande potenza, capace di influenzare i processi diplomatici mondiali, sono rimaste frustrate più che altro, dallo stesso atteggiamento cinese, che non ha derogato dal proprio principio di non ingerenza negli affari interni degli altri stati. Va detto,però, che questo principio è stato rispettato maggiormente per le grandi questioni, sopratutto quelle che hanno investito il Consiglio di sicurezza dell'ONU, dove Pechino, forte del proprio seggio permanente, ha sempre negato, insieme alla Russia, qualsiasi forma di intervento, anche per ragioni umanitarie, in quei paesi interessati da guerre civili. Soltanto nel caso libico, grazie alla propria astensione, la Cina ha permesso l'intervento armato che ha messo fine al regime di Gheddafi. Va però detto che Pechino si quasi da subito pentita di questa decisione, accusando l'occidente di averla ingannata con la scusa della guerra umanitaria, che in realtà è stata usata per rovesciare il rais di Tripoli. Ma se questo è l'atteggiamento ufficiale, una politica estera cinese continua ad esistere ed estendersi in maniera ramificata, proprio grazie alla proprie disponibilità economiche ed in funzione delle sue esigenze energetiche, la Cina ha intessuto una fitta rete di relazioni con paesi poveri, ma ricchi di risorse, specialmente nell'area africana. In questa diffusione della propria influenza non è mai stato necessaria una presenza militare, se non in forme quantitativamente piccole e sopratutto discrete, perchè si è sempre trattato di rapporti basati sull'economia, che prevedevano e prevedono tuttora, uno scambio concordato con i governi locali. Esistono però altri scenari che necessitano di una forza armata capace di affrontare sfide potenziali di ampio respiro. Nell'ultimo ventennio il budget militare della Repubblica Popolare Cinese ha registrato un incremento per anno a doppia cifra, raggiungendo, secondo i valori ufficiali, ben 84.000 milioni di euro, anche se gli analisti americani ritengono tale cifra sia soltanto la metà di quanto veramente investito. Va ricordato che l'esercito cinese, numericamente è il più grande del mondo con i suoi 2,2 milioni di effettivi. Inoltre la Cina si è dotata di una prima portaerei, cui dovrebbero seguirne altre, dispone di una flotta di sottomarini nucleari ed ha sviluppato aerei da combattimento invisibili a i radar. Negli armamenti aerospaziali Pechino sta colmando il gap con le altre potenze ed è ormai in grado di distruggere i satelliti in orbita. Nella guerra informatica la Cina è all'avanguardia, come dimostrato in diverse incursioni praticate da suoi hacker.
Tale dimensione e sviluppo enorme delle forze armate cinesi ha creato e sta creando in maniera sempre maggiore forti tensioni nell'area del Pacifico. La presenza cinese sta diventando sempre più ingombrante ed è fonte si preoccupazione per il suo possibile espansionismo, anche sollecitato dal continuo bisogno di approvigionamento a fonti di energia per sostenere la propria crescita industriale ed economica. La versione ufficiale, che Pechino continua a proporre, basata sulla crescita pacifica, non convince più nessuno e mette in allarme i paesi vicini, che sentono in pericolo la percorribilità delle grandi vie di comunicazione marina, percorsi fondamentali per il trasporto delle merci prodotte nella regione. Lo stato di tensione che si è venuto a creare con il Giappone, per l'arcipelago conteso, rischia di provocare un effetto a catena nell'area del Pacifico, dove la Cina intende affermare la propria supremazia e dove sono già coinvolti altri paesi; a fronte di questa situazione, che sta subendo un cambiamento in divenire, sopratutto a causa del mutato atteggiamento del colosso cinese, non è azzardato prevedere che la regione potrebbe subire periodi di grande instabilità, condizionata da continue situazioni al limite del confronto. Anche i numerosi missili puntati verso Taiwan, potrebbero segnalare la volontà della riapertura del confronto con una parte di territorio a cui la Cina non ha mai rinunciato. Tuttavia, per ora, la parte fondamentale e preponderante della politica cinese è rappresentato ancora dall'elemento economico, non sembra improbabile che Pechino continui, pure in una linea leggermente cambiata, a privilegiare i rapporti di scambio, tra cui fortunatamente, il Giappone è uno dei maggiori partner commerciali. Finchè questi rapporti saranno presenti le cannoniere saranno solo una presenza all'orizzonte.
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