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venerdì 14 dicembre 2012
Russia e USA inviano un mediatore a Damasco
Russia e Stati Uniti, dopo le sessioni di negoziato tenutesi a Dublino e Ginevra, hanno deciso di inviare il mediatore Lakhdar Brahimi a Damasco per concordare una possibile uscita di scena di Assad. La situazione militare, pur nella sua lentezza, sembra evolversi a sfavore del dittatore siriano ed i russi cominciano ad ammorbidire la propria posizione, fino ad ora caratterizzata dalla rigidità più assoluta. I timori di Mosca sono essenzialmente due: da una parte il paese russo non vuole passare, di fronte al panorama internazionale, come lo stato che ha difeso ad oltranza Assad, sul quale si addensano gravi sospetti di crimini, sia contro le forze dell'opposizione, che contro i civili, dall'altro lato vuole iniziare ad aprire, su di un piano nuovo, un rapporto con il governo che potrebbe crearsi con l'uscita di scena di Assad, per preservare i propri interessi in terra siriana e cioè, essenzialmente, la possibilità di mantenere l'unica base militare navale nel Mediterraneo, che sorge nel porto di Tartus. La nuova versione dell'atteggiamento di Mosca, potrebbe derivare, quindi, dalla necessità di presentarsi a futuri negoziati con gli USA, in grado di avere il maggiore potere contrattuale possibile; del resto il cambiamento russo sarebbe dovuto alla presa d'atto che Assad è sempre più isolato sul piano internazionale, ma, sopratutto, su quello interno, sopratutto dopo che i ribelli hanno conquistato l'aereoporto che serviva alle forze governative per ricevere i rifornimenti di armi. Lo scopo della missione di Lakhdar Brahimi, quindi, consisterebbe proprio nel tentativo di convincere Assad a lasciare il potere senza compromettere la propria situazione e non andare incontro ad una fine simile a quella toccata a Gheddafi. In proposito si stanno cercando anche paesi disposti ad ospitare il dittatore di Damasco, ed il più probabile pare, per ora, la Bielorussia, nazione dove l'influenza di Mosca è notevole. Per Assad sarebbe l'ultima occasione prima di una probabile offensiva finale, che i ribelli potrebbero lanciare a breve, nonostante l'artiglieria governativa sia ancora efficiente. Si tratterebbe però questione soltanto di tempo, tuttavia, prima di arrivare ad una soluzione definitiva, esiste il rischio concreto che la tragica contabilità delle vittime possa ulteriormente incrementarsi. Inoltre non è però assicurato che una volta che Assad sia uscito di scena si arrivi ad una pacificazione completa a causa delle profonde differenze presenti nei gruppi che compongono l'eterogenea formazione dei ribelli. A questo scopo sia russi, che americani, avrebbero compilato una lista di possibili funzionari in grado di comporre un governo di transizione, capace di assicurare al paese un passaggio di potere il meno traumatico possibile. Per gli Stati Uniti la collaborazione con Mosca è fondamentale per una rapida soluzione della crisi siriana, infatti, soltanto la Russia può esercitare l'adeguata pressione affinchè Assad lasci il potere; Washington è preoccupata per le ripercussioni possibili di un allargamento della crisi nella regione e pensa, sopratutto, ad Israele e all'Iran. La disponibilità russa è vista, quindi, come un fatto positivo, capace di accelerare la conclusione del conflitto, anche se poi, sarà inevitabile, Mosca presenterà il suo conto.
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