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giovedì 3 gennaio 2013
Gli USA sempre sotto la pressione della crisi
L'applicazione della tassa sui redditi alti, approvata negli USA, segna concretamente l'inizio della fine del liberalismo, che ha contraddistinto i rapporti sociali degli ultimi vent'anni americani. Obama è riuscito finalmente, complice la grave situazione del bilancio nazionale, a fare approvare una misura che segna il cambiamento del paradigma che affermava come fondamentale per la crescita economica, la maggiore facoltà di spesa dei ceti più abbienti, a discapito dei ceti medi e bassi. La legge rappresenta un principio fondamentale che va verso una maggiore equità e riconosce il fallimento del sistema liberista, che tanti danni ha provocato grazie a speculazioni incontrollate, che sono state ripianate con i soldi pubblici. Anche le borse hanno accolto positivamente l'introduzione delle tasse per i redditi più alti, andando simbolicamente contro ogni consuetudine economica classica, che vedeva sempre bocciato dagli indici borsistici ogni provvedimento contenente un innalzamento della tassazione. Pare così, che gli stessi mercati si siano resi conto della necessità di una redistribuzione del reddito complessivo, grazie alla quale l'economia possa ripartire. Tuttavia, malgrado questi elementi positivi, appare chiaro da subito che la manovra non sarà sufficiente per risolvere i problemi di fondo del deficit americano, che risiedono, fondamentalmente, in forti squilibri strutturali dell'economia USA. La crescita prevista del debito pubblico americano in dieci anni dovrebbe essere di 4.000 milioni di dollari, nello stesso periodo la norma introdotta, che, è bene ricordarlo, aumenta la pressione fiscale soltanto per i redditi superiori a 400.000 dollari, porterà nelle casse americane appena 600.000 milioni di dollari in più, ed anche se fosse stata approvata la soglia proposta da Obama per aumentare la tassazione, 250.000 dollari, il gettito entrante sarebbe stato di 800.000 milioni di dollari. Come si vede dalla fredda analisi dei numeri, che va oltre il giusto entusiasmo egualitario, il provvedimento è ampiamente insufficente e pare rimandare soltanto il problema, anche se i meccanismi virtuosi che potrà innescare nel ciclo economico dovrebbereo innalzare le entrate fiscali indirette. Resta però, sullo sfondo, il difficile dialogo delle parti politiche, che faticano a trovare terreni di intesa comuni. Il varo della legge è stato infatti accompagnato da laboriose trattative, che hanno ricompreso anche pesanti tagli al bilancio, nella misura di circa 110.000 milioni di dollari, capaci di influire sui rispettivi settori di interesse. Se i democratici hanno dovuto rinunciare a finanziamenti diretti a sostenere chi è stato colpito dalla disoccupazione o le sovvenzioni al programma di assistenza sanitaria per i pensionati, i repubblicani hanno visto drasticamente ridurre il bilancio del Pentagono. Ma questi accordi non sono stati sufficienti per raggiungere una convergenza più ampia, infatti il computo dei voti non ha registrato l'unanimità dei consensi, con alcuni deputati repubblicani che hanno espresso comunque parere negativo. Questo dato è però il sintomo di un malessere crescente nel partito della destra americana, dove sta emergendo una tendenza più conciliante con il Presidente in carica, malgrado le profonde differenze di vedute, dovuta sia alla necessità concreta di evitare il default, sia a nuove strategie elettorali che permettano al partito di recuperare consensi ed anche cercare di acquisirne di nuovi; del resto la riduzione dei parlamentari del partito legati al movimento più estremo, quello del "tea party", decretata dall'elettorato, dimostra come questa direzione possa essere quella giusta. Tuttavia, per una drastica riduzione del deficit USA, sarebbe necessaria una convergenza ancora maggiore, in un senso o nell'altro, ovvero in politiche tali da combinare la pressione fiscale con il taglio della spesa, dove la maggiore differenza sta propri su quali capitoli di bilancio intervenire. L'intenzione di Obama è quella di combinare una riforma che regoli le aliquote fiscali di pari passo con i tagli, in modo da introdurre benefici e deduzioni che sono attualmente precluse alla maggioranza degli americani. Su di una base del genere, però, una piena convergenza è impossibile e la lunghezza delle trattative diventa un elemento negativo per la necessaria velocità di decisione richiesta dal rapido andamento del mercato. Resta da dire che il mondo intero segue l'evoluzione dell'intera vicenda con profonda apprensione: dai risultati delle riforme americane, che sono tutt'altro che concluse con l'approvazione di questa legge, dipende l'uscita dalla crisi, che sta attanagliando il tessuto produttivo e sociale del pianeta.
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