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martedì 26 marzo 2013
La Cina vuole incrementare il suo impegno economico in Africa
Il viaggio del premier cinese in Africa riporta alla ribalta la strategia di Pechino nel continente nero, una strategia fatta di massicci investimenti, ma molto criticata per l'eccessivo sfruttamento delle risorse, in un'ottica definita come neocolonialista. L'interesse cinese si muove essenzialmente su due fronti: quello, appunto del reperimento delle risorse naturali, essenziali allo sviluppo cinese, come il petrolio e di gas e la creazione e la penetrazione del mercato commerciale africano, che sta assicurando percentuali di crescita elevata. La Cina ha mantenuto, in questi paesi, la condotta comunemente adottata nell'arena internazionale, quella, cioè, di evitare qualsiasi giudizio ed azioni conseguenti nelle questioni politiche interne. Quella della non ingerenza è una tattica collaudata, che permette di fare affari con ogni tipo di governo ed inoltre viene anche usata in regime di reciprocità: se Pechino non contesta alcuna condotta di un altro paese, lo stesso pretende per se stessa. Le maggiori critiche verso l'invasione dell'Africa, per la Cina sono, in parte, quelle che vengono mosse anche ai comportamenti in patria: lo scarso, o addirittura nullo, rispetto dei diritti dei lavoratori e le politiche industriali fortemente inquinanti. La provenienza di queste critiche viene però mossa da quegli stati che hanno avuto un passato colonialista e questo è argomento che Pechino usa spesso per ribattere. Va anche detto che nessun paese industrializzato ha intrapreso alcuna politica economica in maniera organica in Africa, limitandosi ad interventi totalmente non coordinati e non funzionali allo sviluppo complessivo dei paesi africani. La grande liquidità a disposizione di Pechino, ha ,invece, permesso la possibilità di realizzare grandi investimenti infrastrutturali, che partendo dalle esigenze industriali cinesi, hanno permesso di innalzare lo sviluppo dei paesi nei quali sono stati costruiti. Resta il fatto che gran parte dei paesi africani stanno vivendo una sorta di nuovo periodo di colonizzazione, dove le risorse non portano tutto il guadagno che potrebbero, perchè, ancora una volta la capacità economica di altri stati, questa volta finanziaria, in precedenza militare, impedisce il completo sfruttamento da parte del paese proprietario. Questo stato di inferiorità dei paesi africani, che non sono stati capaci di darsi una organizzazione adeguata, a causa degli strani assemblaggi di popoli ed etnie costruiti dai paesi occidentali con la fine della colonizzazione e che hanno causato gravi periodi di guerra, ancora recentemente, hanno, di fatto, regalato le ingenti risorse di cui dispongono al paese cinese, in grado di affrontare il problema con una visuale del tutto asettica sui rapporti interni nei rispettivi paesi dove si focalizzava il proprio intervento. La conseguenza principale è stata quella di regalare alla Cina lo sfruttamento delle risorse africane in un momento di particolare bisogno dell'economia mondiale, precludendo anche un mercato in notevole crescita. La miopia occidentale ha così contribuito alla crescita cinese a proprio discapito, in un territorio dove poteva partire avvantaggiata dalla lingua e dai tanti progetti di cooperazione esistenti. Il non avere favorito una democrazia piena capace di superare o di contenere la corruzione è stato un terreno fertile per l'insediamento cinese, che grazie al proprio potere economico, ha saputo raggiungere accordi vantaggiosi. Tuttavia anche nell'Africa sta nascendo la consapevolezza che la Cina no nè quel benefattore che vuole fare credere, la nascita di movimenti spontanei contro l'invadenza di Pechino, rappresenta un chiaro segnale di malessere da parte di una popolazione e di una classe lavoratrice, che sta iniziando a comprendere che le condizioni di lavoro imposte ed anche le retribuzioni, non sono sufficienti a sopportare una nuova dominazione, sebbene di natura economica. La Cina guarda con preoccupazione a queste iniziative ed è stato significativo che la prima visita ufficiale all'estero del nuovo premier si sia svolta proprio in Africa. Non si riesce, però, ad immaginare una strategia diversa se non quella di aumentare gli investimenti, che diverranno sempre maggiori per assicurarsi l'esclusiva dello sfruttamento dei giacimenti. Questa impressione è già stata, peraltro, confermata dalla questione subsahariana, dove la Cina malgrado avesse investimenti ingenti, non è intervenuta e non ha espresso dichiarazioni contro i ribelli del Mali, sfruttando a costo zero l'intervento francese, che ha avuto anche il merito di salvaguardare gli interessi di Pechino. La prospettiva esclusivamente economica della Cina, alla fine non permette quella crescita internazionale che Pechino ha messo tra i suoi obiettivi.
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