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venerdì 3 maggio 2013

Per gli USA l'Iran è più pericoloso che la Corea del Nord

Gli USA, si sono espressi ufficialmente su chi ritengono la principale minaccia atomica mondiale. La dichiarazione di Thomas Countryman, Segretario aggiunto per la sicurezza internazionale e la non proliferazione nucleare degli Stati Uniti, assegna all'Iran, anzichè alla Corea del Nord, il primo posto per pericolosità nell'ambito delle armi atomiche. Il giudizio, in verità, pare più politico che tecnico: i progressi accertati di Pyongyang nella costruzione e, sopratutto miniaturizzazione, degli ordigni nucleari, grazie agli avanzamenti tecnologici legati allo studio delle applicazioni militari del plutonio, pone certamente in uno stadio più avanzato la conoscenza e la sua conseguente messa in pratica sul piano bellico, da parte del paese nordcoreano; quello che ne decreta la minore pericolosità relativa, è costituito solamente dallo stato di isolamento sulla scena internazionale in cui si è rifugiata Pyongyang. L'assenza di una rete di contatti con altri stati o organizzazioni potenzialmente pericolosi e non controllabili decreta, quindi che la Corea del Nord, nonostante la maggiore tecnologia sviluppata ha una pericolosità inferiore all'Iran. Il ragionamento americano è comprensibile e, per certi versi, condivisibile, anche se il grado di avanzamento sulla costruzione dell'atomica iraniana è senz'altro ancora indietro. Certamente un Iran in possesso della tecnologia nordcoreana spaventerebbe molto di più, ma questa argomentazione è accertata proprio con le intenzioni americane di non consentire a Teheran di raggiungere il livello di Pyongyang. Ma questa dichiarazione è anche preoccupante, perchè legittima la visione di Israele ed apertamente la appoggia. Le conseguenze di questo sviluppo fanno pensare, ancora di più, ad un approccio militare per impedire la nuclearizzazione militare iraniana. Questa svolta abbracciata da Obama in modo che è sembrato repentino, dopo la sua elezione e culminata con le dichiarazioni nella sua recente visita in Israele, autorizzano a pensare che negli Stati Uniti questa idea sia sempre stata studiata e considerata a dispetto della tattica, basata sull'intervento diplomatico e l'azione delle sanzioni, messa in campo, anche in modo ostinato fino a prima dell'esito delle consultazioni americane per l'elezione del Presidente; successivamente il mutato atteggiamento esplicita che la cautela di Washington era legata più alla raccolta di voti che alla volontà di scongiurare la soluzione bellica. Non che questa sia l'opzione preferita, un conflitto nella zona mediorientale è una incognita talmente grande anche per il maggiore apparato militare mondiale, tuttavia i segnali che vanno in quella direzione, si stanno, purtroppo intensificando in maniera preoccupante Resta anche vero, che la situazione mondiale e sopratutto, quella del medioriente è notevolmente peggiorata, ma quello che preoccupa gli Stati Uniti è il potere di ricatto di un missile atomico puntato su Israele da parte di uno stato, che sviluppa tutta una sua strategia politico internazionale, basata sull'affermazione dell'islamismo radicale, fondamentalmente contro l'occidente, piuttosto che uno stato praticamente privo di una politica diplomatica, che pare usare le minacce con il solo intento di ricatto.

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