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giovedì 6 marzo 2014

Estensione della cittadinanza russa e referendum: le armi di Putin per impadronirsi della Crimea.

Mentre i soldati della Russia occupano parte del territorio dell’Ucraina, alla parte morbida della strategia di Putin si aggiungono due importanti tasselli. Il primo riguarda le facilitazioni, che il primo ministro Dmitry Medvedev ha emanato per facilitare l’acquisizione della cittadinanza russa a favore di cittadini dei paesi appartenenti all’ex URSS. A questo disegno di legge stanno lavorando diversi gruppi parlamentari per arrivare velocemente alla stesura del testo. Saranno ridotti i tempi per avere la cittadinanza russa, per la quale basteranno soli tre mesi, mentre resterà in vigore l’impossibilità di conservare la vecchia cittadinanza. Questa misura, se applicata massicciamente in Crimea, potrebbe determinare una porzione di territorio di un altro stato, l’Ucraina, abitata principalmente da cittadini di un paese differente. Questa ipotesi è molto verosimile, se si considera che la percentuale di russi abitanti in Crimea si aggira intorno al 60%. Si prevede che questa parte di abitanti della Crimea, infatti, intendano avvalersi, almeno nella maggior parte, della possibilità messa in campo dal governo russo. Con un tale scenario si andrebbe molto aldilà della giustificazione addotta dal Cremlino per l’attuale intervento in Crimea, giustificato soltanto dalla necessità di tutelare gli abitanti di lingua russa. Con una presenza di cittadini russi esposti alla possibile violenza nazionalista ucraina, anche la violazione del diritto internazionale, data dall’invasione di un territorio straniero, potrebbe essere contestata da Mosca. In realtà l’invasione, inoltre senza dichiarazione di guerra, resta, ma verrebbe a configurarsi una situazione anomala per lo stesso diritto internazionale, in qualche modo aggirato dalla norma russa. Se, da un alto il territorio resta legittimamente ucraino, la soluzione più logica sarebbe quella di espellere coloro i quali hanno optato per la cittadinanza russa rinunciando a quella ucraina. Per evitare ciò ecco il secondo tassello messo in campo da Putin, seppure indirettamente. Le autorità filo-russe, infatti, hanno invitato proprio il presidente della Russia affinché sia presa in considerazione la richiesta di aderire alla Federazione russa. Questa decisione per Putin, sarà ancora più facile da esaudire e da giustificare di fronte all’opinione pubblica internazionale, se il referendum indetto dalle autorità della Crimea, ed anticipato al 16 anziché al 30 marzo, avrà esito positivo per i desideri russi. Saranno due i quesiti sottoposti ai cittadini della Crimea: il primo se la Repubblica di Crimea vuole restare in Ucraina o seguire la Russia, il secondo se, restando parte del paese ucraino, vogliono mantenere l’ampia autonomia prevista dalla costituzione del 1992, che assicurava di fatto l’autonomia. La reazione di Kiev è stata quella di dichiarare illegittimo il referendum proclamato dalla Crimea. Ma questa dichiarazione manifesta anche l’impotenza dell’Ucraina di fronte alla trappola costruita da Putin: se il referendum darà il benestare per il passaggio alla Federazione russa, sarà impossibile non tenerne conto. Il futuro più probabile sarà quindi quello di una Crimea appartenente alla Russia, il che significherà una vittoria per Putin. L’Ucraina si appresta così ad una divisione che potrebbe anche non essere conclusa, se sull’onda di un eventuale successo politico in Crimea, Mosca volesse espandere la sua azione, con modi analoghi verso le altre zone abitate dai russi, sarebbe obiettivamente difficile da fermare.

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