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lunedì 31 marzo 2014
Putin ha vinto?
Mentre la Russia sta ritirando le truppe, si preparano le trattative per arrivare se non ad una distensione, ad una pace, che possa permettere il ritorno dell’equilibrio nella regione ucraina. Tuttavia, nonostante la vittoria possa sembrare a vantaggio della Casa Bianca, che, con la tattica delle sanzioni e senza la minaccia dell’intervento militare, sembra avere ricondotto il Cremlino alla ragione, alla fine chi ha raggiunto lo scopo principale è stato proprio Putin. Difficilmente, infatti, verrà soddisfatta la richiesta americana di ritirare le truppe russe dalla Crimea, che, anche formalmente, sebbene senza l’accordo di Kiev, ha sancito la decisione di passare con Mosca attraverso un referendum. Anche se le modalità della consultazione elettorale sono state del tutto discutibili, sarà difficile levare questa arma politica alla Russia. Per la Federazione Russa era fondamentale avere sotto la propria sovranità la principale base militare della marina, situata a Sebastopoli, nel pieno del mar Nero e sotto il controllo Ucraino, seppure vi fossero dei rigidi accordi che ne regolavano l’uso e l’affitto. Se le ragioni militari erano quelle più urgenti, subito dopo vi era la necessità di garantire alla Russia una sorta di cintura di sicurezza che impedisse una vicinanza troppo stretta con l’Europa e la NATO. Proprio in quest’ottica si collocano le proposte del Ministro degli Esteri Lavrov, che assumono, in realtà, una dimensione di veri e propri diktat. Quello che la Russia vuole dall’Ucraina, cioè da un paese sovrano, è che resti neutrale mediante il mancato ingresso nella UE e nel Patto Atlantico, che si dia una organizzazione federale dello stato , in modo da tutelare le minoranze russe. Se la prima richiesta appare comprensibile, in una dialettica senz’altro sbilanciata, la seconda sembra essere una via aperta ad altre soluzioni analoghe a quella della Crimea. Mosca, cioè, con la richiesta della creazioni di entità federali, a maggioranza russofona, mantiene in vita la possibilità di effettuare referendum che possano sancire il distacco da Kiev. Si comprende come si tratti di richieste irricevibili e che riportano la questione al punto di partenza. Putin ha fatto la prima mossa per il contatto diplomatico ed ha ritirato le truppe in modo da risultare accomodante, ma con queste condizioni non appare affatto sincero. La tattica del Cremlino è ancora una volta approfittare delle divergenze tra Europa ed USA, con un logoramento continuo, dopo quello militare ora sul fronte diplomatico. Nel mezzo sta l’Ucraina, paese indebolito da una instabilità politica endemica perché diviso al suo interno nel suo tessuto sociale e vittima di una crisi economica senza precedenti. Se all’inizio la Russia aveva accordato aiuti ingenti, ora Kiev può contare sui programmi finanziari degli USA e della UE, che devono tenere conto di un sottosviluppo elevato, aggravato da una corruzione che minaccia l’impianto stesso dello stato. Per l’occidente sarebbe importante agire in maniera concreta in Ucraina per contrastare l’azione di Putin che punta alla dissoluzione del paese confinante. Nonostante questo scenario, che vede in vantaggio Putin, nell’area circoscritta strettamente dalla crisi, sul piano globale Washington, seppure in modo confuso, ha dimostrato di potere isolare la Russia. Se dal punto di vista economico non vi erano poi grandi dubbi, a causa dell’arretratezza del sistema industriale russo, che necessita delle merci occidentali per potere andare avanti ed anche il sistema finanziario poteva essere messo sotto attacco per i grandi capitali esportati nell’ovest del mondo, l’impresa della Casa Bianca è stata, invece, l’isolamento di Mosca all’interno del panorama internazionale. Neppure la Cina si è schierata con la Russia, sempre in linea con il proprio intendimento di non interferire con i problemi interni delle altre nazioni, Pechino non ha gradito l’invasione della Crimea, così come l’India. Quindi no vi è stata lacuna nazione che ha apertamente appoggiato Mosca. Questo fatto forse non è stato calcolato da Putin o se è stato calcolato, è stato ritenuto comunque un rischio che valeva la pena correre per avere la Crimea. Ma questo aspetto sul lungo periodo è fortemente condizionante per una nazione che vuole riprendere il ruolo di grande potenza e non può limitarsi all’autarchia, ne economica e ne tantomeno politica. Quindi si può dire che sul breve periodo e sugli obiettivi immediati Mosca ha vinto, ma sul medio e soprattutto sul lungo periodo la partita è del tutto aperta e la Russia non appare favorita. Sugli sviluppi delle trattative peseranno molti argomenti, anche il risultato elettorale ucraino, che non renderanno il negoziato ne agevole ne veloce, aprendo anche a nuovi scenari di crisi, che, questa volta, vedranno gli USA difficilmente impreparati.
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