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giovedì 22 maggio 2014
Riflessioni sull'accordo tra Cina e Russia
L’accordo tra Cina e Russia sembra rappresentare una opportunità, che riguarda anche la sfera diplomatica oltre a quella economica, per entrambi i paesi. In realtà chi si avvantaggerà maggiormente sul lungo periodo di questa firma, che riveste un valore anche storico, non sarà Mosca ma Pechino. Per il Cremlino i vantaggi sono del tutto immediati: viene rotto l’isolamento diplomatico a cui Mosca era sottoposta dall’occidente per i fatti ucraini, si attenua, se non si annulla, considerevolmente l’effetto economico delle sanzioni e vengono gettate le basi per una collaborazione internazionale diretta a contrastare l’egemonia statunitense, nel reciproco interesse dei due paesi. Ma per la Russia i vantaggi terminano qui, anche se per ora non sono pochi. La firma dell’accordo con la Cina non cancella i problemi strutturali della nascente industria russa, che vede la sua macchina produttiva ancora ferma al settore primario, sostenuto dagli abbondanti giacimenti di materie prime. Mosca avrebbe la necessità, invece, di sviluppare una sistema industriale, che è appena abbozzato, capace di entrare in un mercato di grande opportunità come quello europeo. Si capisce che con l’attuale ostracismo occidentale questa possibilità è preclusa e l’accordo con la Cina è sbilanciato a favore di quest’ultima. La produzione industriale russa non ha standard qualitativi elevati, ma non ha neanche una competitività come costo del lavoro, lontanamente paragonabile a quella cinese: se in futuro i legami tra i due colossi ex comunisti dovessero stringersi ancora di più, come pare dalle prime dichiarazioni ufficiali, la Russia sarebbe invasa da merci cinesi senza avere la possibilità di uno scambio verso Pechino. In quest’ottica rendere sempre più stringente ed esclusivo l’accordo con la Cina per le forniture di gas, rischia di favorire i cinesi per la determinazione del prezzo. Nel lungo periodo quindi, la Russia sembra avere sempre meno vantaggi, che gli accordi più articolati e meno esclusivi, che potevano essere stipulati con la UE, potevano garantire. Mosca pare così essersi gettata nei tentacoli cinesi, più per necessità contingenti che per elaborazioni strategiche. La Russia rischia concretamente un ruolo di subalternità ai cinesi, che appaiono il socio forte dell’intesa. Le ragioni di contrapposizione a Washington per Putin si fondano su analisi geopolitiche ristrette, senso di rivalsa fine a se stesso ed esaltazione infruttuoso del nazionalismo; non è così per la Cina, che deve giocare la partita del dominio economico, politico e militare sulla zona cruciale del sud est asiatico. Pechino si è guadagnato un alleato importante, che ha interessi limitati nella regione, ma che può influenzare pesantemente la contesa, accontentandosi di ricompense tutto sommato marginali. Ciò accresce il peso politico cinese ed anche la bravura per avere saputo approfittare di una situazione internazionale da cui era fuori, traendone il massimo vantaggio; da questo momento per gli USA la contesa con la Cina si alza di livello, mentre l’impegno in Europa non può venire meno, ciò potrebbe comportare un minore investimento di risorse nella regione asiatica, rappresentando un ulteriore vantaggio per Pechino. Il rafforzamento della Cina risulta così evidente: lo scatto sul piano internazionale è incontestabile e le forniture di gas russo sono assicurate; in particolare questo secondo aspetto permetterà al governo cinese in carica di ridurre l’impiego di carbone ed abbassare notevolmente l’inquinamento ambientale, facendo guadagnare consensi sul piano interno. Alla fine le due grandi superpotenze della seconda metà del secolo scorso dovranno fare una attenta analisi della loro condotta e meditare sui passi futuri per non favorire la potenza emergente, problema che si porrà tra poco in tutta la sua urgenza.
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