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giovedì 6 novembre 2014

Annullata in Libia la legittimità del parlamento

La situazione libica sembra destinata ad aggravarsi, mettendo a repentaglio gli equilibri già instabili della sponda meridionale del Mediterraneo. Il governo in carica, espressione dei risultati elettorali del 25 giugno scorso e riconosciuto ufficialmente dalla comunità internazionale è destinato a cadere, dopo il pronunciamento della Corte suprema libica, che ha accolto un ricorso di un esponente islamista, che ha sollevato la questione di incostituzionalità del voto. Con il parlamento, di fatto decaduto, anche il governo ufficiale è destinato ad interrompere la sua già travagliata attività. Il paese libico è diviso in due: quello che fino ad ora era ritenuto il governo legittimo era già in esilio dalla capitale, ed aveva preso sede a Tobruk vicino al confine con l’Egitto. La capitale, Tripoli è in balia delle milizie islamiche, dalla quali la Libia non si è mai liberata dopo la caduta di Gheddafi. Il fenomeno è favorito dalla presenza dei tanti arsenali che il colonnello aveva sparso per il paese e dalla divisione tribale della nazione, che non è mai stata superata, impedendo così, alla Libia, di ottenere quell’unità necessaria per essere governata. Questo scenario ha favorito l’intrusione degli elementi integralisti islamici ai quali le milizie, prive di controllo, si sono affiancate. Le truppe regolari sono impegnate in una guerra costante contro le milizie, attualmente soprattutto nella zona di Bengasi, ma non riescono ad avere la meglio, senza un supporto esterno. La situazione politica non è meno complicata di quella della sicurezza: sono stati diversi i governi che si sono succeduti dalla caduta di Gheddafi, la situazione antecedente alle scorse elezioni vedeva nel parlamento un predominio delle forze di matrice islamista, situazione rovesciata dopo il voto di giugno. La contestazione delle forze politiche uscite sconfitte si basa sulla scarsa partecipazione al voto; la illegittimità del nuovo parlamento potrebbe rimettere in carica il vecchio governo, sostenuto dalla precedente assemblea e sempre presente nella capitale. La ripetizione del voto è richiesta proprio da questa parte politica, gli islamisti, ma per ora la situazione appare in evoluzione e niente affatto definita. La situazione è guardata con apprensione dall’Europa e soprattutto dall’Italia, che, oltre ad avere interessi economici nel paese nel comparto energetico, si trova ad affrontare le ripetute ondata migratorie che confluiscono e  partono proprio dal paese libico. Il fenomeno costituisce anche un finanziamento per le milizie islamiche ed un oggettivo strumento di pressione sull’occidente, già con Gheddafi la Libia era diventata la porta meridionale per accedere all’Europa attraverso l’immigrazione clandestina e lo stesso dittatore regolava i flussi migratori con lo scopo di ottenere finanziamenti, aiuti e riconoscimento politico, che gli stati occidentali non gli hanno mai negato. Il problema della sicurezza della Libia è ritenuto giustamente vitale anche dalla nuova rappresentante della politica estera della UE, di nazionalità italiana , che ha più volte affermato la necessità di aiutare le forze laiche del paese al fine di stabilizzare la vita politica. Tuttavia l’atteggiamento è molto cauto per non inimicarsi la parte islamica, che potrebbe vincere di nuovo le elezioni. Lo scenario attuale, aldilà della cautela necessaria, non pare avviato ad uno sblocco definitivo senza un intervento esterno, come ad esempio una forza di interposizione che riporti la pace nel paese. Occorrerà vedere se la UE avrà intenzione di impegnarsi in prima persona in una vicenda che la riguarda da vicino o se si vorrà essere condizionati dalla solita titubanza delle Nazioni Unite. La Libia costituisce un paese strategico per gli equilibri occidentali e non si può correre il rischio che si trasformi in uno stato integralista, magari influenzato da Al Qaeda, che nella regione riveste ancora una certa importanza, non solo per gli importanti rilievi dal punto di vista energetico, ma ancora di più dal punto di vista geopolitico, avendo una collocazione geografica troppo vicina all’Europa. 

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