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lunedì 5 gennaio 2015

Se la Grecia esce dall'Euro, il problema sarà politico

Se l’intenzione della Germania sarà quella di estromettere la Grecia dalla moneta unica, in caso di vittoria della sinistre, le conseguenze dovranno essere valutate non soltanto in maniera puramente economica ma soprattutto politica. Dunque l’impressione è che Berlino non voglia accettare una ridiscussione del debito di un membro dell’euro, non tanto come conseguenza finanziaria, che pare sopportabile, quanto per non dare adito ad altre nazioni di effettuare richieste analoghe. La spiegazione è ancora una volta nascosta dietro i freddi calcoli, che parlano addirittura di trattamento di favore già presente nei confronti del costo del debito per Atene, che pagherebbe un interesse del 2,4% contro il 2,7 pagato dalla stessa Germania. La Merkel, in realtà, pensa alla Grecia ormai come ad una inutile zavorra e non teme alcun contagio nell’economia dell’area euro, che ha passato la fase più acuta della crisi, quella del 2012, con la stabilizzazione delle economie in difficoltà e che si è, nel frattempo, dotata di uno strumento ritenuto efficace per prevenire le crisi come il meccanismo europeo di stabilità. Questa visione appare però limitata ancora una volta al solo comparto economico, rivelando che lo strumento di valutazione finanziaria è ancora superiore rispetto a quello politico per Berlino. Più semplicemente la Germania intende continuare ad esercitare la sua leadership sull’Unione Europea forte del suo ruolo di principale potenza economica, senza nulla concedere a valutazioni di opportunità politica, soprattutto su periodi più ampi. Si tratta della conferma di come la Germania stia usando la UE come proprio cortile di casa, dove vendere al meglio i propri prodotti e sfruttare le debolezze strutturali di quelli che dovrebbero essere suoi alleati per incrementare il proprio prodotto interno lordo. Questa condotta presuppone che gli altri paesi, soprattutto Francia, Italia e Spagna siano favorevoli ad una uscita della Grecia, ma ciò non è affatto così scontato. Le possibili conseguenze politiche di una uscita di un membro della UE dall’area dell’euro potrebbero aumentare le tendenze anti europee dei vari movimenti che registrano una crescita dei gradimenti, proprio perché contro Bruxelles. D’altro canto accettare le richieste greche darebbe senz’altro il via ad una serie di rivendicazioni del medesimo tenore, capaci di  alterare la stabilità della moneta unica. Questo stato di cose, ormai esasperato, è frutto della politica miope di Berlino che ora si trova davanti ad uno scenario dove ogni soluzione scelta aprirà motivi di seria crisi; non sarebbe stato così se i vincoli di bilancio fossero stati allentati prima, sia pur con regole più rigide, per attenuare i gravi effetti imposti sulle popolazioni europee. Ma questo futuro, che si sta avvicinando con l’arrivo delle elezioni greche, mette in serio dubbio il ruolo tedesco, anche con una eventuale sconfitta della sinistra di Atene e richiede una seria revisione a livello politico dei rapporti che regolano la convivenza degli stati dell’Unione Europea. Sempre che si voglia perseguire il progetto di una unione anche politica, obiettivo al quale i governi europei rispondono in modo affermativo, ma a cui non seguono provvedimenti in tal senso. Soprattutto la Germania appare distante da questo proposito, nonostante i proclami, a meno che non si intenda una Unione dove Berlino conti più delle altre capitali. Fino ad ora la potenza economica tedesca è risultata il fattore decisivo per prendere praticamente ogni decisione, con gli altri membri della UE che hanno ricoperto il ruolo di comprimari; questa situazione è andata avanti grazie a governi che si sono piegati ai dettami della Germania per difendere, più che altro, sistemi finanziari e bancari disastrati e senza elaborare soluzioni alternative alla distribuzione del credito. Questi costi sono stati fatti ricadere sulle famiglie e sulle imprese senza un ritorno tangibile; la grave insoddisfazione ha generato il grande favore verso i movimenti antieuropei, che rischiano di vincere le prime elezioni disponibili in diversi paesi, molti di questi partiti hanno nel loro programma l’uscita dall’euro o anche dalla stessa UE. Non è così per la sinistra greca che resta un movimento europeista e richiede vincoli finanziari che rendano meno difficile la vita per il popolo della Grecia. Se questa condizione dovesse essere ripetuta, anche con altri partiti non necessariamente di quella parte politica, in altri paesi dove la qualità della vita è sensibilmente peggiorata per la rigidità dei bilanci europei, l’idea di Europa unita avrebbe maggiori possibilità di sopravvivere, viceversa si andrà verso una dissoluzione in tempi e modi tutti da prevedere e la Germania non potrà più prosperare grazie al mercato europeo.  

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