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venerdì 10 aprile 2015
Assad si allea con i palestinesi
La battaglia che si svolge nel campo profughi palestinese di Yarmouk, alle porte di Damasco, aldilà della sua tragicità, rischia di avere un impatto politico molto forte sulle sorti del conflitto siriano. La popolazione del campo, prima dell’avvio della guerra civile nel paese era di circa 150.000 persone, stanziate nel sito fin dal 1957 a seguito dei conflitti con gli israeliani del 1948, la cui scelta iniziale era stata di neutralità tra i contendenti. La lunga durata del conflitto,entrato nel quinto anno, ha provocato diverse divergenze all’interno del campo profughi, dividendo in fazioni contrapposte le varie componenti del campo. La posizione strategica di Yarmouk, situato alle porte di Damasco e quindi vera e propria porta di accesso alla capitale siriana ne ha decretato l’importanza della conquista per le forze dello Stato islamico, che ne hanno individuato le potenzialità strategiche per arrivare fino al centro nevralgico del potere siriano. Il numero di abitanti è stato fortemente ridotto dalla pressione militare, fino ad arrivare alle attuali 18.000 presenze di cui, si stima, almeno 3.500 siano bambini. La fuga dal campo profughi è stata progressiva, causata principalmente dal blocco degli aiuti umanitari, che hanno causato morti per fame e gravi situazioni igieniche; i combattimenti di questi giorni hanno provocato lo sdegno internazionale ed hanno fatto richiedere all’ONU l’apertura di corridoi umanitari per alleviare le sofferenze della popolazione, che paiono diventate ormai insostenibili. In questo quadro si è determinata l’esigenza della creazione di una alleanza dei combattenti palestinesi ad avviare una azione comune con le forze armate di Assad per espellere i combattenti del califfato dal campo di Yarmouk. Per i palestinesi si tratta di una azione obbligata, da intraprendere con gli apparati militari di Damasco, nonostante questi abbiano più volte bombardato il campo con barili di esplosivo, causando diverse vittime tra i civili, tuttavia la violenza esercitata dagli uomini del califfato appare notevolmente maggiore, tanto da fare allineare sulle medesime posizioni di contrarietà allo Stato islamico l’Autorità Nazionale Palestinese ed Hamas, organizzazioni che pareva indirizzarsi verso l’integralismo del califfato, soprattutto in funzione anti israeliana. La portata politica di questa alleanza è destinata a riproporre il ruolo di Assad come determinante all’interno della guerra contro le milizie sunnite ed arriva dopo l’informale riconoscimento del Segretario di Stato americano, Kerry, che ha giudicato, in questa fase particolare, il dittatore di Damasco come pericolo inferiore allo Stato islamico e, soprattutto, come possibile argine ad una deriva ben più pericolosa con la potenziale conquista della Siria da parte del califfato. Questo sviluppo della situazione porta una novità destinata a complicare ancora di più l’intricata matassa delle relazioni internazionali, che ruotano intorno alla guerra siriana ed a tutto il medio oriente. Pare legittimo credere che questo sviluppo sia appoggiato da Washington, seppure in maniera non ufficiale, come, allo stesso modo, dovrebbe essere per l’Iran ed Hezbollah, che sono da sempre schierati con Assad, soprattutto contro i sunniti, ma, certamente, non si può dire altrettanto di stati più o meno vicini ai palestinesi, come Giordania ed Egitto, per non parlare delle monarchie del Golfo, che, finora non hanno sprecato molto del loro impegno per la protezione dei campi profughi palestinesi. Se gli uomini del califfato saranno sconfitti nel campo di Yarmouk, il grande vincitore sarà Assad, che potrà portare una prova tangibile del suo ruolo contro lo Stato islamico, come, peraltro, già individuato dagli stessi statunitensi. A quel punto la centralità del conflitto siriano diventerà di nuovo preminente anche nei confronti della situazione irakena, come punto di partenza per debellare definitivamente il califfato. La logica conseguenza sarà un Assad, probabilmente indebolito sul piano militare, ma rafforzato su quello politico, pronto a giocare tutte le sue possibilità per mantenere la sua presenza nel paese siriano. A fronte di questa eventualità occorrerà vedere le reazioni dei paesi sunniti, che sperano di rovesciare le posizioni di influenza in Siria: nuovi sviluppi attendono il mondo.
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