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venerdì 28 agosto 2015
L'Unione Europea in difficoltà con una percentuale minima di migranti
Mentre il dramma degli immigrati continua con le sue vittime, che non paiono mai finire, ed alimenta le polemiche tra gli stati europei, che non trovano soluzioni, sebbene siano trai più ricchi del pianeta, occorre fare il punto della situazione generale, confrontando i dati dell’accoglienza nelle altre nazioni, al di fuori del vecchio continente, per esaminare con i giusti criteri e termini di paragone, quella che in Europa viene definita emergenza. Guardando le cifre dell’accoglienza degli altri paesi risulta subito chiaro come l’unica emergenza che dovrebbe gestire l’Europa è quella di salvare i disperati in arrivo, cioè di impedire i naufragi e le condizioni pessime di viaggio, non certo i momenti successivi, per i quali basterebbe una organizzazione ed una coordinazione comune e non lasciata, nel migliore dei casi, alla buona volontà di qualche nazione singola. Per comprendere bene i termini del problema occorre ricordare che la guerra siriana è iniziata nei primi mesi del 2011 e, fino ad ora, ha prodotto oltre quattro milioni di persone che sono state costrette a fuggire dal loro paese. La previsione per la fine dell’anno in corso è che il valore complessivo di questa cifra sarà di 4.270.000 persone; per completare l’analisi quantitativa di quanto ha causato la tragedia siriana si deve aggiungere che gli sfollati all’interno del paese ammonta a 7,6 milioni di persone. Chiaramente questi numeri non riguardano l’Europa, se non in minima parte. In Turchia gli sfollati siriani sono 1,9 milioni, in Libano sono 1,1 milioni e perfino Giordania ed Egitto accolgono più migranti che l’intera Europa. Nel vecchio continente, infatti, quest’anno sono arrivate 292.000 persone, che confrontate alla popolazione totale, di 508 milioni di abitanti, rappresentano una quota molto bassa, che si potrebbe facilmente accogliere con una programmazione efficace, risparmiando tragici lutti, sofferenze ed occasioni di facile propaganda per i populisti. Certo la reciproca diffidenza tra i paesi membri, associata ad una pessima disponibilità, dovuta al razzismo, spesso opportunista, di parti consistenti dei tessuti sociali europei, non ha facilitato le cose, ma, appunto per questo, una previsione di quanto sarebbe accaduto, avrebbe favorito una soluzione globale, che fosse, magari, partita direttamente da Bruxelles. Proprio la mancanza della capacità di prevedere gli attuali scenari, deve fare riflettere sulla necessità di una riorganizzazione delle strutture dell’Unione Europea, che non sono state all’altezza e devono essere senz’altro adeguate. A questo è seguita la mancanza di organizzazione unitaria, condizionata dallo scarso peso politico di Bruxelles e dalla rivalità tra gli stati, che forti di trattati anacronistici, come quello di Dublino, hanno intrapreso un pericoloso rimbalzo del problema da una latitudine all’altra. Nel mezzo nono sono mancati scenari di puro cinismo, come quello ungherese, che dovrebbe essere sanzionato in modo esemplare. Una delle obiezioni che può essere fatta a questo ragionamento è che non tutti i migranti sono siriani o comunque, che fuggono da uno scenario di guerra. Spesso si sente dire, in maniera opportunistica ed ipocrita, che l’accoglienza è giusta soltanto per chi fugge da situazioni di guerra, ma se questo fosse vero, l’Europa avrebbe potuto accogliere più siriani da molto tempo prima; in questo senso l’unica decisione esemplare, anche se tardiva è stata quella tedesca, che, aggirando il trattato di Dublino, ha promesso l’accoglienza ai tutti i siriani sul suolo della Germania. In relazione alle ragioni che costringono gli altri migranti ad affrontare viaggi infiniti e spesso mortali, pur non avendole gravità di una guerra in corso, appaiono altrettanto gravi: carestie, discriminazioni religiose, presenza dello Stato islamico, assenza di garanzie e diritti civili, sembrano motivazioni più che sufficienti per accogliere persone in chiara difficoltà, destinando risorse, tutto sommato limitate se raccolte e razionalizzate nell’insieme dei membri europei. Piuttosto l’Europa farebbe bene a domandarsi del perché le ondate migratorie sono sempre maggiori, seppure contenute rispetto ai dati precedentemente esaminati. La risposta, nella sua ovvietà è disarmante: lo scarso valore politico dell’Unione unito alla mancata azione, sia diplomatica, che militare, oltre all’incapacità di essere promotrice di una azione internazionale, ha penalizzato i territori più vicini, come era facile prevedere. Senza un ruolo da protagonista, che Bruxelles deve essere capace di crearsi da sola, per l’Europa scenari di questo tipo si ripeteranno e saranno subiti passivamente di nuovo.
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