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mercoledì 28 ottobre 2015

USA ed Iran vicini ad una ripresa delle relazioni internazionali, oltre il trattato sul nucleare

L'imminente avvio del vertice sulla guerra siriana presenterà una novità importante a livello diplomatico. La presenza dell’Iran al tavolo delle trattative riporta Teheran al centro di una vertenza importante dopo tanti anni di isolamento, interrotti soltanto dal negoziato sul nucleare iraniano. Se sul terreno dei combattimenti la presenza di Teheran era ormai certificata dalla collaborazione con i curdi, gli irakeni e, negli ultimi tempi con i russi, si era trattato sempre di un impegno ufficioso, portato avanti con tenacia per difendere le posizioni del paese in Siria ed anche la propria parte religiosa, gli sciiti. Quindi, per la prima volta siederanno allo stesso tavolo i rappresentanti di Washington e di Teheran, che, pur già entrati in contatto, dovranno appianare le profonde divergenze ancora presenti nei loro rapporti. Quelle contingenti riguardano la volontà iraniana, coincidente con quella russa, di mantenere Assad al potere, fattore che gli USA vorrebbero eliminare dal futuro siriano. Intorno a questo problema si annunciano le maggiori difficoltà per la presenza allo stesso tavolo di paesi sunniti come Egitto e Turchia. Per Mosca la presenza iraniana è fondamentale in quanto le due potenze vengono da un periodo di relativo isolamento e questa occasione gli permette di rompere un accerchiamento diplomatico, che ne ha impedito, anche se non del tutto, una reale incisività del perseguimento dei propri progetti in ambito internazionale. Una affermazione, anche parziale, che può essere ottenuta soltanto con il riconoscimento ufficiale di Assad ai negoziati che disegneranno il futuro della Siria, potrebbe rappresentare, una vittoria consistente per Iran e Russia, in grado di rilanciare la loro attività diplomatiche su scala più ampia. Per conseguire tale risultato i due paesi stanno operando sia dal lato diplomatico, dove la partita è obiettivamente più difficile, sia su quello militare, utilizzato come strumento per facilitare il lavoro delle relazioni internazionali. Gli interventi della Russia stanno costruendo una solida protezione ad Assad, colpendo sia le formazioni dello Stato islamico, che i ribelli democratici sostenuti dagli Stati Uniti, mentre l’Iran, in accordo con il governo sciita irakeno e spesso al fianco dei combattenti curdi dell’Iraq, sta combattendo i fondamentalisti sunniti sul suolo di Bagdad. L’impegno diretto sul terreno porta un vantaggio considerevole rispetto alla tattica americana che, attraverso i raid aerei, ha ottenuto successi solo parziali. Al momento cruciale delle trattative gli effetti dell’impegno diretto non potranno non pesare sulle decisioni del vertice. Ma, oltre ai fatti contingenti, che riguardano gli assetti della Siria e della regione del medio oriente, è importante sottolineare, come la partecipazione iraniana ad un vertice così importante, rivesta un significato che va oltre l’appuntamento. Il punto centrale è la ripresa delle relazioni tra Stati Uniti ed Iran e tutto ciò che questo aspetto potrà investire sia sulla scena diplomatica che su quella interna dei rispettivi stati. Non è un mistero che diversi ambienti, anche piuttosto influenti in ambedue le nazioni siano piuttosto restii a riprendere un colloquio interrotto bruscamente diversi anni addietro, tanto da fare diventare i due stati i maggiori nemici, instaurando una distanza abissale. Negli stessi ambienti politici americani, che hanno favorito il negoziato sul nucleare, si nutre ancora molta diffidenza sulle reali intenzioni di Teheran in ambito internazionale, malgrado i due paesi abbiano anche collaborato in modo non ufficiale e spesso a distanza, contro il comune nemico del fondamentalismo sunnita. In Iran, esistono sentimenti altrettanto avversi agli USA, ancora sovente definiti, anche in discorsi ufficiali, il Grande Satana. Nonostante l’accordo raggiunto sulla questione nucleare permangono quindi elementi di profonda distanza tra i due paesi, che non aiutano nel raggiungimento dell’obiettivo della stabilità regionale. Le ambizioni di esercitare un ruolo di media potenza da parte dell’Iran, finora osteggiate da Washington, devono essere riconsiderate a partire dalla ricerca della soluzione della crisi siriana, per investire uno spettro più ampio di problematiche, che tengono la regione in un costante pericolo. La profonda differenza religiosa, che ha esasperato le tensioni tra Iran ed Arabia Saudita, a cui si è aggiunta la Turchia, alla ricerca di una dimensione di maggiore influenza sui paesi arabi e la presenza della questione palestinese, obbligano gli USA a cercare di percorrere nuove vie. La posizione americana è attualmente la più complicata, perchè gli Stati Uniti sono soggetti ad una sollecitazione da più parti, che impedisce un comportamento univoco ed obbliga ad esercizi molto complicati di equilibrismo diplomatico, in questo scenario l’arrivo della presenza russa, alquanto ingombrante, risulta essere un aspetto aggravante per l’attività statunitense. Washington non può, però frenare le ambizioni diplomatiche iraniane, ma deve, anzi, assecondarle, nella misura in cui ciò sarà possibile, per coinvolgere un attore di notevole peso politico, funzionale al mantenimento degli equilibri regionali. Certamente Washington deve anche fare opera di contenimento per non permettere una troppo invasiva azione di Teheran, sopratutto nei confronti degli alleati storici degli Stati Uniti; in ogni caso è meglio instaurare un dialogo diretto, che continuare con manovre sotterranee, che, nel momento attuale potrebbero portare a conseguenze fortemente negative.

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