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venerdì 22 gennaio 2016

La crisi dei migranti mette in evidenza le difficoltà per gestire il fenomeno da parte degli stati occidentali

Il problema dei rifugiati sta mettendo in crisi l'idea stessa dell’Unione Europea; questa tesi è quella sostenuta dal primo ministro della francia, ed è condivisa, seppure con analisi differenti, da un crescente numero di personalità politiche europee. Eppure il numero di migranti che riescono a raggiungere l’Europa è solo una minima parte se confrontato con quelli che risiedono nei campi profughi turchi, giordani e libanesi, per quanto riguarda i siriani, o con i numeri enormi ospitati nei campi profughi keniani, per la popolazione del Corno d’Africa. L’incapacità manifesta di gestire una emergenza che non è contenuta, ma che non dovrebbe preoccupare un continente dove ci sono le maggiori economie mondiali, risiede nella mancanza di prevenzione del fenomeno, che con una guerra in corso non doveva essere assente, nel perseguire, da parte dei singoli stati, interessi particolari, al di fuori della visione generale, di scarsa o nulla autorità dei vertici centrali europei e della mancanza di mutualità tra le nazioni stesse. Queste cause hanno determinato una percezione errata del fenomeno che si concretizza in una minaccia alle frontiere, anziché una emergenza umanitaria di grandi dimensioni. Se la soluzione individuata è, non solo la chiusura dello spazio europeo, ma anche dei confini statali all’interno dell’Unione Europea, appare chiaro come quello cercato sia soltanto un rimedio di breve periodo, destinato a non funzionare su tempi di maggiore estensione. Certamente connesso con il fenomeno dell’arrivo dei rifugiati vi sono percezioni negative che si sono acuite con i recenti attentati in Francia, la situazione difficile delle periferie belghe e francesi, i fatti di Colonia, dove si è evidenziata una distanza enorme tra la mentalità di alcuni profughi e quella europea, tuttavia, se si vuole partire da posizioni più ragionevoli è necessario sottolineare come la parte maggiore dei rifugiati sia venuta in pace per sfuggire a guerre e carestie, certamente il rapporto con la parte di islamici radicali, che sicuramente fa parte dei profughi, deve essere attentamente studiato per non permettere derive pericolose ed invasioni di campo controproducenti per tutti, così come la prevenzione nei confronti dei soggetti pericolosi deve comprendere livelli di attenzione sempre più alti negli organismi di polizia, sopratutto con operazioni di intelligence, anche in collaborazione con gli stati arabi, ma si tratta di effetti collaterali, certamente gravi ed importanti, che possono essere risolti con una maggiore preparazione delle forze di sicurezza, capace di colmare le lacune evidenziate con il successo degli episodi violenti. Queste difficoltà, che non devono essere sottovalutate, ma neppure ingigantite, sono superabili tecnicamente, meno facile è affrontare con successo le rispettive diffidenze che sono presenti tra gli stati ed impediscono una gestione unitaria ed organica del fenomeno dei profughi. Le maggiori difficoltà, sono infatti dal punto di vista politico e travalicano anche i confini europei, giacché non si può limitare la gestione del problema alle nazioni dell’Europa occidentale o degli stati che confinano, in altri continenti, con le zone di crisi. Risulta significativo che più ci si dirige ad est, in Europa, più l’atteggiamento di avversione contro i profughi sembra crescere, sia all’interno dell’Unione Europea, che di altri stati, anche importanti come la Russia, che ha più volte affermato che il problema dei profughi non la riguarda. Del resto anche gli Stati Uniti, che hanno accolto un numero molto limitato di profughi siriani, sembrano restii ad aumentare gli arrivi dei profughi per alleggerire gli altri paesi. Il Segretario di stato americano, Kerry, guarda piuttosto ad aumentare gli stanziamenti globali per gli aiuti umanitari cercando di portare il budget da 10.000 a 13.000 milioni di euro ed attraverso questi di incrementare il numero dei paesi in grado di dare asilo ai rifugiati, senza chiarire le intenzioni degli USA a questo riguardo. La strategia della Casa Bianca sembra però ricalcare quella dell’Unione Europea, che consiste in dare aiuti finanziari a quegli stati, non sul suo territorio, che si prestano a fornire asilo ai migranti. L’occidente adotta così una linea comune di bloccare il traffico dei rifugiati fornendo una alternativa in altri paesi, si tratta del riconoscimento della assoluta mancanza di capacità politica di gestire il fenomeno, a cui si cerca di rimediare delegando altri tramite pagamento in denaro mascherato da aiuto umanitario. Ci si sarebbe attesi di più da quei paesi che si definiscono civili e che hanno grosse responsabilità per non avere fermato in tempo il conflitto siriano.

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