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martedì 19 gennaio 2016

La disuguaglianza economica del pianeta aumenta in modo considerevole

Secondo uno studio di una organizzazione non governativa britannica, le diseguaglianze economiche nella popolazione mondiale stanno aumentando in modo esponenziale. La causa di maggiore responsabile sarebbe la globalizzazione sempre più spinta, che sta distinguendo l’economia mondiale. Uno dei dati che più evidenziano il fenomeno è quello che riguarda la ricchezza concentrata nell’uno per cento della popolazione  mondiale, che sarebbe ormai pari al restante novantanove per cento. Questo valore espone come il problema della diseguaglianza riguardi sempre di più non solo le aree povere del pianeta, ma anche i cosidetti paesi ricchi, dove l’impoverimento del ceto medio, ha causato lo scivolamento verso il basso di questo settore sociale, cambiando in modo sostanziale la struttura delle società occidentali. All’interno del dato della concentrazione di ricchezza che riguarda la percentuale dell’uno per cento della popolazione mondiale, le sessantadue persone più ricche del pianeta possono vantare un patrimonio complessivo di 1.760 miliardi di dollari, cifra cresciuta di 500 miliardi dal 2010 ad oggi. Questo trend ha provocato una erosione notevole della ricchezza della parte meno abbiente della terra, calcolata in circa 3,6 miliardi di persone, che ha visto un decremento del 41% in cinque anni, corrispondenti a circa 1.000 miliardi di dollari in meno. Il quadro è quindi quello dove gli estremi registrano variazioni notevoli, di segno positivo i più ricchi e di segno negativo i più poveri, ma con quelli che si collocano alla metà, che scivolano inesorabilmente verso l’estremo più basso, a causa di una diminuzione dei loro redditi, sebbene in maniera meno sensibile. Per quanto riguarda i paesi più poveri le ragioni di questo impoverimento, sono da ricercare nello sfruttamento intensivo delle risorse, che avviene sempre a favore di stati o aziende straniere, che operano in regime vantaggioso grazie alla notevole presenza di corruzione, un problema endemico nei paesi poveri, nell’incremento delle guerre e delle carestie, spesso provocate dall’alterazione del clime a seguito dell’inquinamento, funzionale al processo produttivo destinato ad accrescere i patrimoni dei più ricchi. La diminuzione del patrimonio che è avvenuta a danno del ceto medio occidentale, quindi nella parte più ricca del pianeta, ha origine negli anni ottanta, quando si è affermato il neoliberismo propugnato dall’allora presidente degli Stati Uniti, Reagan e dalla leader conservatrice inglese Thatcher. In questa fase storica si è iniziato ad abbattere lo stato sociale e le sue garanzie, politica continuata fino ad ora ad opera dell’Unione Europea, troppo soggetta ai voleri tedeschi. Ma proprio dagli ambienti liberisti, non liberali, arrivano le critiche a questi dati sulla diseguaglianza, che vengono letti in maniera differente, quando non sono presentati come falsi e funzionali alla polemica contro la globalizzazione. Secondo questi fautori dell’economia di mercato praticata senza influenze e vincoli statali, la lettura dei dati in questione andrebbe ribaltata, prediligendo l’aumento del benessere trai poveri, anziché l’aumento dei patrimoni dei ricchi. Non si comprende, però,  come questi due dati siano conciliabili se presentati entrambi in ascesa, a meno che per l’aumento del benessere  dei poveri non si intenda il passaggio da una situazione di estrema miseria ad una di miseria soltanto più attenuata. Questo miglioramento, posto che sia veritiero, non basta a bilanciare la grande distanza tra i due estremi della scala della ricchezza e l’assurdo valore di concentrazione nelle mani di pochissime persone. Inoltre l’erosione dei patrimoni della fascia mediana è una delle maggiori cause del ristagno di una economia produttiva, che rappresenta gran parte di quella totale, ancora tarata per i bisogni del ceto medio, che è rimasto senza abbastanza reddito per soddisfarli; ciò non alimenta proprio il mercato del lavoro dove questo settore sociale è maggiormente impiegato causando una sorta di implosione del sistema su se stesso. Esistono anche altre cause della crescente diseguaglianza e sono individuate nella presenza dei paradisi fiscali e la presenza di stati che agevolano le grandi multinazionali con una fiscalità quanto meno generosa, che sottrae entrate ad altri nazioni, dove è avvenuto il guadagno. Alcuni di questi casi si verificano anche all’interno di associazioni di stati come l’Unione Europea, dove dovrebbe essere presente una maggiore coesione tra gli aderenti. Resta il fatto che il fenomeno della globalizzazione, annunciato, come una possibile soluzione in favore di una maggiore redistribuzione della ricchezza ne ha invece inequivocabilmente causato concentrazioni maggiori, evitando la diffusione del benessere; certo la causa non può essere nella globalizzazione stessa, quanto nelle modalità con le quali si è voluto usarla, anche in senso politico, suggerendo la percezione della creazione di un ordine mondiale dove i pochi dominano sui tanti. 

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