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martedì 2 febbraio 2016

I primi risultati delle presidenziali americane

I risultati nello Iowa evidenziano un netto parallelismo per quanto sta avvenendo nei due partiti statunitensi. In entrambe le formazioni politiche, infatti, i candidati favoriti sono stati messi in difficoltà ed i pronostici, derivanti dai sondaggi, sono stati sovvertiti. Anche gli Stati Uniti si verifica, quindi, il fenomeno della scarsa attendibilità dei dati forniti dagli istituti di ricerca, che si confermano indicatori di scarsa qualità. Per quanto riguarda il dato politico Repubblicano il dato oggettivo è che il programma politico impostato da Trump, caratterizzato da toni eccessivi non è stato gradito dall’elettorato repubblicano, se non da una sua minoranza, sicuramente al di fuori dagli elettori tradizionali. Il vincitore, Ruiz, infatti, pur non essendo anch’esso una espressione classica del partito conservatore, ha saputo sfruttare l’impostazione religiosa del suo programma elettorale, da contrapporre alla presidenza Obama, ottenendo il sostegno sopratutto negli ambienti evangelici, che hanno fornito il supporto determinante per la vittoria. Per Trump sono mancati gli elettori meno determinati, quelli che non sempre partecipano al voto e dai quali si attendeva la spinta necessaria per la vittoria del miliardario. Certamente siamo soltanto alle prime battute e la situazione potrebbe cambiare quando saranno interpellati altri stati, sopratutto quelli dove il Tea party raccoglie maggiore sostegno, tuttavia l’indicazione dello Iowa rappresenta l’indice di una tendenza che non deve essere sottovalutata. La paura di un elettorato repubblicano facile preda di idee eccessive e poco moderate esce attenuata, ma, nel contempo si afferma una il successo di una visione più improntata sull’aspetto religioso come argomento centrale del programma politico, preoccupando i responsabili repubblicani, che non gradiscono una eccessiva estremizzazione della condotta del partito, dove già il Tea party risulta essere non ampiamente gradito agli alti dirigenti. Il tutto comunque sempre nel solco di una dura opposizione alla candidatura democratica di Hillary Clinton, che costituisce uno dei nodi essenziali del programma politico di Ruiz. Il candidato di origine cubana può essere visto con maggiore favore anche per l’intenzione dimostrata della volontà di volere unificare il partito, una dote vista come determinante dal direttivo repubblicano e che manca del tutto, invece, a Donald Trump. Del resto fin dall’entrata in gara del miliardario, il partito non ha visto con favore i programmi politici portati avanti con troppa enfasi ed al di fuori dello schema moderato, che sono stati individuati come fattori ulteriormente divisivi per un partito, dove sono già presenti troppe correnti contrapposte che danno la percezione di un organismo politico eccessivamente frammentato. Non per niente lo stesso Ruiz ha giustamente sottolineato la sua capacità di unificare il partito come una delle qualità  principali, in grado di favorirne la vittoria. In realtà il distacco nello Iowa tra Ruiz e Trump è stato soltanto di un valore intorno al  quattro per cento; una affermazione che può consolare gli elettori tradizionali, ma non mettere l’apparato dirigente al riparo da altre eventuali sorprese. In ogni caso il grande sconfitto della consultazione dello Iowa è proprio il vertice repubblicano, che gradiva piuttosto l’affermazione di Rubio, ormai individuato come il candidato ideale dai capi del partito, dopo che Jeb Bush è uscito di scena. Il terzo posto ottenuto da Rubio potrebbe riversare su questo candidato i finanziamenti elettorali che erano destinati proprio a Bush e favorire così il terzo incomodo nella lotta la nomination. Il segnale conferma però, la grande divisione all’interno del partito che contribuisce a generare ulteriore incertezza su chi eleggere candidato alla presidenza.  Nel campo democratico anche la candidata Clinton, sebbene vincitrice, non ha avuto confermata la previsione dei sondaggi, ottenendo il primo posto con il risultato di 49,9% contro il 49,6% di Sanders, che lascia trapelare qualche dubbio sulla regolarità della contabilità elettorale. La rimonta del candidato che si definisce socialista, capace di conquistare circa il 40% rispetto alle previsioni, è praticamente una vittoria ed è un allarme vero e proprio per Hillary Clinton, costretta a spostare sempre più a sinistra il suo programma elettorale, per non lasciare spazi sempre più ampi a quello che è ormai il suo rivale principale. Rispetto all’inizio della campagna elettorale, la Clinton ora prospetta l’aumento della tassazione per i grandi patrimoni ed un maggiore controllo sull’attività speculativa finanziaria. Questo spostamento, se da un lato potrebbe  permettergli di guadagnare qualche consenso, dall’altro rischia di alienare i consensi più moderati e di pari passo, insospettire i più radicali sulla reale convinzione di questa virata politica. La Clinton resta la candidata democratica favorita, ma la vittoria risicata nello Iowa dimostra come i voti potenziali della sinistra possano spostare i programmi elettorali e lasciare così aperto qualche spiraglio per chi li cercava in modo sincero fin dall’inizio. 

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