Blog di discussione su problemi di relazioni e politica internazionale; un osservatorio per capire la direzione del mondo. Blog for discussion on problems of relations and international politics; an observatory to understand the direction of the world.
Politica Internazionale
Cerca nel blog
giovedì 18 febbraio 2016
La guerra siriana si allarga in Turchia
L'attentato in Turchia apre un nuovo fronte all'interno della questione siriana. Secondo le autorità turche l’azione terroristica sarebbe stata effettuata dall’organizzazione curdo siriana, che combatte in Siria contro le milizie sunnite moderate sostenute da Ankara. L’attentato potrebbe essere una risposta alle azioni militari che i turchi stanno conducendo in territorio siriano proprio contro i combattenti curdi, per evitare la nascita di uno stato curdo indipendente alle loro frontiere. I militari della Turchia hanno intensificato le loro operazioni militari contro i curdi in territorio siriano, sollevando le proteste di Damasco. Secondo Ankara un’altra possibilità è che dietro l’attentato ci sia proprio Assad, che non gradisce la presenza delle forze armate turche operanti in Siria, sia contro i curdi, ma sopratutto a favore delle milizie che si oppongono al dittatore siriano. In ogni caso si tratta di un allargamento del conflitto siriano fin dentro i confini turchi, giacché la relazione con la guerra che si sta combattendo in Siria appare palese. Del resto la Turchia ha assunto un ruolo sempre più attivo nel conflitto, sia sostenendo le milizie sunnite moderate che combattono contro Assad, sia contro i curdi, approffittando del caos generale per indebolirne la struttura militare; a questo proposito si deve segnalare anche l’attività dell’aviazione militare di Ankara con incursioni in Iraq, per bombardare le posizioni militari curde presenti nel Kurdistan iraqeno. Questo attivismo può essere letto fondamentalmente in due modi, il primo per concentrare l’attenzione interna sul problema del separatismo curdo, con lo scopo di deviare l’attenzione dei media dalle difficoltà del governo legate sia alla crisi economica, che a quella politica a seguito delle proteste che derivano da una diminuzione dei diritti civili nel paese; il secondo, invece, è di ordine geopolitico, per acquisire maggiore influenza sulla Siria e sull’area mediorientale. L’azione di Erdogan ha ribaltato il rapporto con i curdi, allontanando la possibilità di una conciliazione che pareva ormai vicina per farne il nemico da combattere ad ogni costo, una strategia che non è servita a contenere l’exploit elettorale del partito curdo, votato anche da molti turchi, contrari alla politica illiberale di Erdogan. Queso risultato elettorale ha, anzi, aggravato l’atteggiamento di Erdogan che ha individuato i curdi come bersaglio principale da colpire per mantenere il proprio potere politico, anche nei confronti dell’opposizione interna non espressa dal movimento curdo. Ma questo atteggiamento ha un costo, che forse non è stato calcolato a dovere dal governo della Turchia: la risposta dei curdi non poteva non arrivare e le azioni terroristiche rappresentano l’unico mezzo percorribile per tentare di diminuire la pressione sui combattenti curdi siriani. Questo scenario prova che il tanto temuto allargamento del conflitto siriano sta avvenendo con modalità nuove rispetto alle problematiche che riguardano il confronto tra Assad e l’opposizione o tra le forze contrarie al califfato e lo Stato islamico. La Turchia ha elevato il confronto con i curdi esportandolo al di fuori dei propri confini ed entrando in azione su territori di altri stati, contribuendo ad aumentare il senso di confusione nell’economia generale del conflitto, ma ora, come conseguenza, viene a subire atti terroristici che devono essere collocati al di fuori della dialettica tra il governo turco ed i curdi della Turchia, cioè al di fuori di un discorso interno, per essere ricompresi in una dimensione più internazionale, che si configura come atto di guerra vero e proprio da parte di una potenza straniera, come i curdi di Siria sono effettivamente, avendo assunto una autonomia, che pur non riconosciuta ancora ufficialmente, gli permette di esercitare una propria sovranità. D’altro canto al soluzione della divisione dello stato siriano in tre stati, di cui, appunto, uno curdo, è condivisa da diverse parti, tranne che, naturalmente, da Ankara. Quello che si percepisce è che, anche al di fuori dei propri confini la, Turchia, tratti la questione curda come un proprio problema peculiare di dimensione interna, piuttosto che collocarlo nella dovuta dimensione internazionale; questa visione è alla base dell’invasione del territorio siriano e delle azioni in territorio irakeno, intraprese in maniera non consueta, come dovrebbero essere concepite secondo il diritto internazionale. Il fatto che Ankara, poi, si appelli agli stati occidentali per sostenere la sua lotta contro il terrorismo curdo, significa che cerca una legittimazione internazionale, che difficilmente potrà arrivare, almeno nei modi sperati dalla Turchia. L’importanza dei combattenti curdi per gli USA resta fondamentale e Washington ha diversi debiti politici e militari verso i curdi, che prima o poi dovranno essere risarciti.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento