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giovedì 25 febbraio 2016
L'attuale situazione libica
Cinque anni dopo la fine del regime di Gheddafi, la Libia non è solo alle prese con la minaccia dello Stato islamico, ma per i suoi abitanti le difficoltà di tutti i giorni sono di ordine economico. Non che le due cose non siano connesse: le due amministrazioni che si dividono il paese che dovrebbero costruire un governo di unità nazionale, sono ancora alle prese con le divergenze politiche e, nel frattempo, non esercitano l’azione di governo. L’economia è in mano al mercato nero che crea inflazione, i lavoratori specializzati provenienti dagli altri paesi ritornano in patria, creando problemi in diversi settori, come quello della sanità ed l’industria edile è ferma per mancanza di fondi. La situazione economica potrebbe diventare un fattore estremamente destabilizzante e favorire la presenza dello Stato islamico. In questo scenario il governo di Tripoli e quello di Tobruk stentano a trovare un’intesa e mantengono separate le rispettive forze armate, che separate non possono combattere il califfato. La presenza dei fondamentalisti islamici rappresenta un pericolo concreto per il paese libico e, di conseguenza, per i paesi occidentali, primi fra tutti, quelli affacciati sul Mediterraneo. Il pericolo concreto è che le forze dello Stato islamico abbiano saccheggiato gli arsenali di Gheddafi, ma non soltanto quelli contenenti armi convenzionali, ma specialmente quelli contenenti armamenti chimici e forse nucleari. Progettare un attacco con questi armamenti dal Golfo della Sirte verso il paese italiano sembra essere una possibilità non troppo remota. Sulla questione dell’intervento occidentale in Libia le posizioni non sono univoche: se gli Stati Uniti hanno già condotto raid aerei sulle forze del califfato, non lo hanno potuto fare dalle basi italiane, ma partendo da quelle inglesi, con difficoltà tecniche legate ai rifornimenti in volo di non poco conto. L’italia, che è il paese maggiormente interessato all’evoluzione della situazione libica, mantiene una posizione giudicata anche troppo prudente, ma che ha una sua giustificazione evidente. Roma richiede, per impegnarsi in prima persona e quindi per concedere la proprie basi , una copertura delle Nazioni Unite o, almeno, un accordo con i paesi occidentali, che non ripeta la sciagurata gestione del periodo successivo alla caduta di Gheddafi. In ogni caso, come hanno difficoltà i due governi libici a trovare una sintesi, la situazione si ripete nel consesso occidentale, dove sembra cominciato il procedere ognuno per proprio conto; infatti dopo le operazioni aeree statunitensi, pare che forze speciali francesi siano sul terreno segretamente per difendere le installazioni di aziende della Francia, senza alcun coordinamento con gli alleati. Questa situazione sembra la ripetizione di cinque anni fa, quando fu proprio la Francia la più attiva nella guerra al colonnello, per l’ambizione di rimpiazzare l’Italia negli accordi energetici. Se allora mancava un progetto condiviso, basato sopratutto sul futuro del paese, ora la situazione sembra ripetersi in un contesto con i due attori politici del paese in evidente difficoltà a raggiungere un accordo. Secondo molti analisti un impegno diretto di forze occidentali contro lo Stato islamico, nel paese libico, avrebbe più controindicazioni rispetto ai vantaggi: il richiamo di nuovi combattenti pronti a misurarsi contro gli occidentali nelle file del califfato, sarebbe il pericolo maggiore con l’ovvia conseguenza di un prezzo elevato in vite umane. Per scongiurare questa possibilità sarebbe preferibile fornire aiuto ai combattenti libici, che potrebbero impegnarsi in prima persona per liberare il proprio paese. L’aiuto non dovrebbe essere, questa volta soltanto di tipo militare, ma sopratutto politico, per fornire le strutture necessarie, sia materialmente, che dal punto di vista formativo al nascente sistema di governo libico. Prima di ciò è però necessario uno sforzo diplomatico maggiore di quello prodotto fino ad ora, che permetta l’unità delle forze politiche locali in un quadro di unione nazionale dettata dalle condizioni di emergenza; il tutto in un contesto assolutamente democratico, che dovrà essere protetto, allora si anche con la presenza sul territorio della Libia di personale militare per affiancare le forze regolari contro ogni possibile tentativo di ricomparsa di ragioni divisive per l’unità del paese, viceversa una soluzione praticabile è quella sempre valida di creare stati separati sulla divisione attuale esistente: un espediente che permetterebbe una maggiore velocità, ma che aprirebbe tutta una serie di nuove situazioni sulle problematiche delle alleanze e degli accordi commerciali ed energetici.
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