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venerdì 6 maggio 2016
UE: per chi non accoglie i profughi, la sanzione deve essere politica, oltre che economica
L’idea della Commissione Europea di prevedere una multa piuttosto sostanziosa, si parla di 250.000 euro, a carico degli stati membri dell’Unione Europea per ogni rifugiato a cui viene negato il diritto di asilo, in un’ottica di redistribuzione dei migranti, rappresenta una novità normativa, che, finalmente, prevede una sanzione per chi agisce al di fuori delle logiche comunitarie. Decidere di prevedere una sanzione per questa fattispecie di casistica, significa schierarsi a favore dell’interesse generale contro quello particolare e rappresenta un salto di qualità nel dibattito della gestione dei profughi. Si tratta soltanto di un primo passo verso una elaborazione di un meccanismo maggiormente capace di prevedere una gestione più efficiente, tuttavia la decisione presa apre la strada ad una regolamentazione più certa della gestione del fenomeno dei migranti. Tuttavia, questa decisione, pur avendo degli aspetti politici positivi, potrebbe nascondere delle insidie dal punto di vista pratico dell’esecuzione delle sanzioni, attraverso la riscossione di quanto dovuto. Infatti è lecito attendersi dagli stati che saranno maggiormente colpiti da questo provvedimento una resistenza ad essere assoggettati alle multe emesse. Verosimilmente gli stati che saranno maggiormente colpiti dovrebbero essere quelli dell’Europa centrale ed orientale, quelli che hanno fatto maggiore resistenza alla redistribuzione dei profughi, rimasti in carico ai paesi delle frontiere mediterranee. Se è pur vero che questi paesi non hanno applicato in maniera completa le norme previste, come quelle del superato accordo di Dublino, ciò è stato dovuto all’assenza di un aiuto dell’Unione Europea, che ha abbandonato i paesi di arrivo dei profughi ad una gestione spesso autonoma del fenomeno. Gestire vere e proprie emergenze ha comportato un notevole esborso economico ed un impegno finanziario consistente in paesi con situazioni economiche in stato di crisi e l’allentamento dei controlli è stata una conseguenza quasi naturale. Questo non giustifica i mancati controlli sui migranti, ma l’atteggiamento di rifiuto, spesso dovuto a logiche elettorali interne, degli stati orientali ha costituito, oltre il grave fatto morale, una causa di tensione politica per l’Unione Europea nel suo complesso. Ora è legittimo aspettarsi delle contro mosse che tendano a vanificare la decisione di Bruxelles. Per questo motivo sarebbe stato meglio operare alla fonte dei finanziamenti e non con sanzioni successive. L’ipotesi del taglio dei contributi comunitari a quei paesi che erano contrari alla redistribuzione dei profughi, d’altronde era già stata fatta, ma era caduta senza sostanziali adesioni. Ora, con questa decisione, dovrebbe essere, invece, riportata al centro della discussione, giacché una ritenuta alla fonte degli aiuti economici rappresenterebbe un più facile metodo di riscossione ed anche una sanzione politica più rilevante: infatti il valore di una multa per un argomento del genere appare nettamente inferiore ad una decurtazione di un finanziamento di una quota comunitaria per avere infranto un principio fondativo, quello della solidarietà, dell’Unione Europea. Il valore del principio della solidarietà, che non è solo quello generale verso altri esseri umani, ma quello particolare e più rilevante politicamente, della solidarietà tra gli stati membri, deve essere maggiormente riconosciuto per assumere una rilevanza legale di principale importanza per regolamentare i rapporti tra le nazioni aderenti a Bruxelles. Fino ad ora si è permesso che l’adesione all’Unione Europea fosse permessa ancora su troppi casi particolari, che hanno costituito differenze e disparità capaci di generare tensioni tra gli stati e conseguenti tensioni interne, che hanno determinato equilibri politici precari all’interno dell’Unione. Queste situazioni devono essere sempre più circoscritte per fare prevalere una sorta di diritto comune, almeno sulle questioni più importanti, che riguardano gli assetti stessi dell’organizzazione sovranazionale. Le emergenze umanitarie rientrano certamente in quegli aspetti che devono essere regolati in maniera uniforme per tutto il territorio dell’Unione, con aiuti adeguati ai paesi che stanno sulle frontiere e che si trovano da subito a gestire i fenomeni migratori e con la conseguente divisone delle persone negli altri stati. Se ciò non avviene è corretto sanzionare quegli stati che non si adeguano a queste esigenze generali, ma non soltanto con sanzioni economiche, ma sopratutto con censure poltiche tali da colpire la loro capacità di manovra all’interno dell’Unione. Proprio per questa ragioni la diminuzione, fino all’interruzione totale dei finanziamenti comunitari, rappresenterebbe al misura più corretta per dare la giusta rilevanza alla violazione della norma della solidarietà tra gli stati, quale presupposto principale per giustificare la presenza all’interno dell’Unione Europea.
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