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giovedì 16 giugno 2016
Il pericoloso futuro immediato dell'Unione Europea
Le condizioni poltiche e sociali francesi, unite con il pericolo sempre più incalzante degli atti terroristici e la possibilità dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, dipingono uno scenario con livelli di pericolosità altamente le elevati per Bruxelles e tutti i paesi dell’area europea. La situazione francese sembra, ora, rappresentare l’emergenza più pressante, ancora di più delle stesse conseguenze del risultato del referendum inglese. Il livello dello scontro sociale, che segue la riforma del lavoro proposta dal governo di Parigi, segnala una situazione di sempre maggiore instabilità, che consegue ad una ampia insoddisfazione sociale, di cui non si è volutamente tenuto conto. L’esecutivo francese si allineato, con il suo comportamento a quello della maggior parte degli altri paesi europei, che hanno scelto una compressione dei diritti sul lavoro, sacrificati in nome di una maggiore flessibilità e produttività. Per contro gli stessi parametri non sono stati applicati alle condizioni operative di istituti bancari e finanziari, che hanno goduto di aiuti e di una libertà di manovra ingiustificate, sopratutto in rapporto ai disastri compiuti. In Francia la base sociale si è dimostrata, però, mano passiva che in altri paesi ed il livello dello scontro è apparso subito una variabile di cui il governo di Parigi pare non avesse tenuto conto. L’alta adesione agli scioperi ed i boicottaggi del funzionamento normale del paese denotano una propensione allo scontro, che costituisce un problema apparentemente insormontabile per l’esecutivo. SI tratta di una situazione altamente esplosiva, che potrebbe degenerare in situazioni anche violente. Non occorre ricordare quello che il cosidetto maggio francese produsse negli anni sessanta dello scorso secolo, andando ad influenzare tutto un movimento di protesta continentale; il timore di molti analisti è che si verifichi una situazione analoga e che lo scontento già presente negli altri paesi si trasformi in azioni violente o comunque tendenti a boicottare il funzionamento dei paesi. Una sorta di agitazione trasversale capace di mettere in ginocchio tutta l’Unione Europea. Pensate ad una combinazione di questo scenario con l’uscita della Gran Bretagna dall’unione: nel breve periodo potrebbe significare una contrazione dei mercati finanziari e la creazione di una situazione di pericolo sociale, capaci di alterare gli equilibri europei. Inutile dire che ciò creerebbe la situazione ideale per l’affermazione dei movimenti anti europei, già forti senza queste condizioni, con il possibile risultato di una alterazione significativa dell’attuale ordinamento sul quale si basa Bruxelles. Il rischio concreto è che l’uscita dell’Inghilterra ceri un effetto domino, ma la possibilità è la stessa, per l’influenza delle agitazioni francesi, che si basano sulla contrarietà della riduzione dei diritti dei lavoratori. Appare inutile sottolineare come ampi strati sociali del continente europeo siano esasperati dell’impoverimento subito per colpe non proprie e per sostenere materialmente il peso della crisi in una situazione dove l’incremento della diseguaglianza costituisce una ragione in più per schierarsi contro l’attuale sistema. Poi non bisogna dimenticare il problema del terrorismo, che in una situazione di fragilità dei sistemi politici trova maggiori occasioni di affermazione e proselitismo, sopratutto in quelle fasce sociali di determinanti paesi, che sono soggette all’estremismo religioso. Per completare lo scenario non si può nono citare il problema delle migrazioni, che esercita due pressioni differenti sugli stati dell’unione, il primo è costituito dalla gestione stessa del problema, con le resistenze di alcuni paesi ad impegnarsi su questo fronte ed il secondo, conseguenza del primo, sono le tensioni che si creano sulle nazioni per i differenti impegni per la risoluzione del problema stesso. Se queste differenze faranno alzare il confronto del tono diplomatico, non potranno essere evitabili prese di posizione nette che potranno produrre sanzioni, elemento ulteriormente aggravante della dialettica all’interno dell’unione. Come si vede l’immediato futuro che ci attende appare tutt’altro che di facile soluzione ed il comportamento di Bruxelles e dei singoli stati appare del tutto inadeguato. Il centro dell’Europa sembra condurre una gestione da normale amministrazione, senza comprendere la straordinarietà della situazione attuale, mentre ogni paese pare procedere in senso autonomo con decisioni di piccol cabotaggio che perdono di vista il quadro comune e, sopratutto, non abbracciano scenari di lungo periodo. Attendere il risultato del referendum inglese con una modalità così passiva denota una incoscenza inadatta al governo di aree così vaste ed importanti, così come continuare a non tenere conto delle esigenze dei cittadini e costringerli ad accettare decisioni calate dall’alto, non potrà che produrre guasti forse irreparabili.
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