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martedì 7 giugno 2016
Le nuove incognite della campagna presidenziale USA
Mentre la campagna elettorale americana entra nella fase che porterà alle nomination, si devono registrare due fatti che hanno sovvertito le previsioni di quando è iniziata: il primo, ed è il più eclatante, è la vittoria, praticamente certa, come candidato repubblicano, di Donald Trump, che da outsider ha raggiunto la vittoria, contro tutti i candidati e lo stesso partito. Il secondo elemento è la fatica con cui Hillary Clinton, data per favorita, sta raggiungendo la nomination democratica. Si tratta di due aspetti complementari l'uno all'altro, che stanno distinguendo la scena politica statunitense, effettuando una variazione strutturale nel confronto tra i due partiti storici del paese, che fino a poco tempo prima, avevano posizioni non molto distanti tra loro. Attualmente, al contrario, le differenze aumentano in modo esponenziale a causa della radicalizzazione delle posizioni, che avvengono per una maggiore distanza sociale nei ceti del paese, che viene affrontata in modo sostanzialmente opposto. Occorre ricordare che la Clinton stenta ad affermarsi, per il successo, per niente previsto in questi termini, del suo avversario in campo democratico, Bernie Sanders. Il programma politico di Sanders, che riscuote molto consenso tra i giovani ed il ceto operaio, si basa proprio sulla riduzione delle differenze di reddito, da superare con politiche redistributive, l’avversione alla finanza, l’incremento dello stato sociale ed una visione, che vuole favorire una direzione in generale, più progressista del paese. Trump riscuote un analogo successo, sopratutto nell’America profonda, affrontando gli stessi temi da un’ottica differente, che punta sulla riduzione delle tasse e dell’invasività dello stato, in maniera da non intaccare le proprietà, anche piccole ed i piccoli privilegi acquisiti. Il ceto popolare che appoggia Trump ha problemi analoghi di quello che appoggia Sanders, solo che opta per soluzioni differenti. Se i partiti restano gli stessi, si comprende come la distanza politica sia aumentata, in modo da favorire le ali estreme degli schieramenti, che comporta un aspetto di novità per gli USA. Del resto Trump è l’evoluzione naturale del fenomeno chiamato “Tea party”, che ha sovvertito da dentro, la politica del partito repubblicano. Nonostante sia significativo che i vertici dei repubblicani, tra cui i due ex presidenti Bush, non riconoscano Trump come un candidato rappresentativo, il magnate americano si è costruito una solida base di consenso, contro la quale i vertici del partito non possono più niente. Esiste una possibilità che Trump diventi presidente degli Stati Uniti? Secondo gli ultimi sondaggi questa eventualità è tutt’altro che remota, anche se per verificarsi sono necessarie alcune condizioni, che al momento sembrano difficili a realizzarsi. Intanto Trump deve convincere i repubblicani che lo avversano a non votare per la Clinton, se sarà la candidata avversaria, o almeno a non recarsi alle urne. Ciò non è facile, la moglie di Bill, per l’elettorato moderato dei repubblicani, è una candidata che risponde meglio alle caratteristiche nelle quali questi elettori si riconoscono ed, inoltre, è sicuramente il male minore rispetto a Trump. Certo che se l’avversario fosse Sanders, queste condizioni verrebbero a mancare, tuttavia la Clinton, in caso di vittoria, dovrà guadagnarsi il voto dei sostenitori del proprio avversario, cosa fattibile ma non scontata, senza una sterzata del programma elettorale in senso più favorevole alle istanze di coloro che sostengono Sanders. Il cambiamento dei rispettivi atteggiamenti dei due partiti americani è quindi il segnale, che anche negli Stati Uniti la politica è cambiata sotto l’influsso del sempre più crescente populismo, con una avanzata preoccupante di quello di destra, che rischia di alterare tutti gli equilibri mondiali, riflettendosi su tutte le problematiche internazionali in cui gli USA sono coinvolti e, che, sono le più importanti del pianeta. La Clinton appare l’unica candidata che può mantenere vicina la distanza tra Democratici e Repubblicani, come era una volta; questo può essere il suo punto forte per arrivare alla presidenza del paese, nonostante la polarizzazione aumentata, si può ragionevolmente credere che la maggioranza degli americani vorrà evitarsi Trump come presidente, tuttavia per mantenere questo vantaggio di posizione la candidata democratica dovrà fare sfoggio di abilità e diplomazia e cercare di non esasperare troppo il vantaggio di una parte sull’altra, un esercizio continuo di equilibrismo politico come tattica fondamentale per arrivare alla vittoria. Questo fatto denota anche un altro aspetto tutt’altro che trascurabile: se all’inizio il partito repubblicano sembrava il più diviso, e lo è ancora per le profonde differenze di vedute tra base e vertice, quello democratico sembrava non patire di questo aspetto negativo. In questo momento finale, invece, il Partito democratico è quello che risulta meno compatto rispetto a quello repubblicano e questo elemento potrebbe avere un peso decisivo nel verdetto finale su chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti.
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