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giovedì 25 agosto 2016
La Turchia appoggia le forze ribelli ad Assad
La guerra siriana si arricchisce di nuove variabili: rientra, infatti, in questa casistica, l’azione che la Turchia ha condotto sul territorio della Siria, con la propria aviazione militare ed il proprio esercito, al fianco dei ribelli contro Assad, che fanno parte delle foze laiche ed alleate degli americani, contro le postazioni dello Stato islamico. L’interesse principale di Ankara rimane quello di danneggiare i curdi, per evitare uno smembramento della Siria, capace di consentire una unione curda in grado di costituire uno stato ai confini con la Turchia. Per sostenere questo obiettivo reale, la Turchia asserisce di volere impedire lo smembramento territoriale della nazione siriana, ma, in questo frangente, appoggia i nemici di Assad, andando ulteriormente a complicare il quadro generale delle alleanze. Che Damasco non abbia gradito l’azione turca, lo prova la protesta del governo di Assad, che ha definito l’ingresso non concordato sul proprio territorio come una violazione della sovranità del paese. Gli stessi curdi hanno definito come una violazione degli affari interni siriani la manovra turca, esprimendo un giudizio sostanzialmente analogo a quello di Damasco. Erdogan dimostra ora tutte le sue doti di equilibrismo politico, che lo mettono in competizione con Putin e lo stesso Assad. Non sembra casuale che l’azione di Ankara in territorio siriano sia avvenuta quasi in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense ad Erdogan. Lo scopo della missione americana è stato quello di riavvicinare la Turchia come alleato, ritenuto irrinunciabile nel quadro dell’Alleanza Atlantica, e cercare di eliminare il pericolo di un legame sempre più stretto con la Russia. Se gli Stati Uniti si sono convinti della necessità della presenza della Turchia, tra i loro alleati, malgrado le problematiche relative ad una visione sempre meno democratica del governo di Ankara, è , perchè, ancora una volta hanno anteposto le loro esigenze ai principi generali della democrazia, dei quali si dicono portatori universali. In ogni caso, se ad Assad la Turchia, aveva prospettato il proprio appoggio, per la sua presenza alle trattative che, alla fine del conflitto, dovranno definire l’assetto futuro della Siria, non potrà che fare altrettanto alle forze democratiche sostenute da Washington, che ora ha affiancato sul campo. Questa prospettiva rischia di complicare il futuro del paese siriano, mettendo a confronto due parti, che si sono dette, fino ad ora inconciliabili. Se ciò si verificherà Washington, avrà, per lo meno, pareggiato il conto con Mosca sulla partita, tutta de definire, per il futuro della Siria. Sarà, però, interessante vedere quale sarà l’immediata reazione di Mosca a quella che potrbbe essere considerata come una ingerenza americana, in un quadro che Putin credeva di avere portato a suo favore. L’azione turca, invece, rimette tutto in discussione e potrebbe determinare il riavvicinamento dei curdi con Assad, proprio in chiave anti Ankara. Deve essere specificato che per riavvicinarsi ad Erdogan, gli Stati Uniti hanno promesso di non appoggiare la creazione di uno stato curdo sul confine della Turchia, in questo momento l’obiettivo principale del governo di Ankara, sacrificando le istanze dei curdi in Siria. Gli Stati Uniti stanno conducendo un gioco politico pericoloso per l’importanza del ruolo svolto sul terreno nel contrasto alle forze dello Stato islamico, Washington può fare questo perchè al loro interno i curdi non sono uniti e perchè probabilmente, sosterrà una forma di autonomia abbastanza ampia per le regioni curde, pur all’interno di una Siria ancora unita. Esiste però la possibilità che Mosca possa agire, insieme ad Assad, proprio sulla leva curda per diminuire l’impatto del ruolo che Ankara ha voluto assumere. La controprova sarà quanto il Cremlino ritiene più importante tra l’assetto geopolitico del medio oriente ed i rapporti economici che sta tessendo con Ankara, la quale, però, ha dato prova di non essere un partner totalmente affidabile per la Russia, in uno scenario dove non esistono sicurezze circa i rapporti reciproci.
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