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mercoledì 14 settembre 2016

I paesi dell'Unione Europea si incontrano a Bratislava

Il vertice di Bratislava tra i rappresentanti dei paesi dell’Unione Europea, sarà il primo dopo l’uscita di Londra ed anche il primo senza l’Inghilterra come partecipante.  La questione non è solo simbolica, giacché    la maggioranza degli elettori del  Regno Unito hanno evidenziato un malessere che ha colpito anche altri stati sul continente europeo. Si tratta della percezione, ampiamente dimostrata da aspetti concreti, della distanza delle istituzioni europee dalle popolazioni che dovrebbero rappresentare, che si è concretizzata con un peggioramento della qualità della vita media dei cittadini, a causa delle mancate o insufficienti risposte che sono state date dall’Unione Europea nei confronti delle crisi economiche. Perchè, se è un fatto assodato, che l’attuale periodo storico è stato attraversato da crisi economiche di ingente portata, risulta altrettanto vero che gli strumenti adottati dagli stati, quasi sempre su indicazioni delle autorità dell’Unione Europea, hanno avuto come obiettivo centrale la difesa delle istituzioni finanziarie e bancarie, spesso colpevoli di cattive gestioni, troppo improntate ad un indirizzo di tipo speculativo, che hanno finito per diventare parti consistenti delle cause delle crisi economiche. L’Unione Europea si è anche distinta per un eccessivo tasso di burocrazia, che unito alla mancanza di decisioni tangibili per favorire la popolazione, ha determinato una generale sfiducia, che ha oltrepassato i settori già scettici verso Bruxelles, per trovare consensi anche in parti sociali tradizionalmente favorevoli verso Bruxelles. Quello che dovrebbe succedere a Bratislava, dovrebbe essere l’avvio di una fase di riflessione su questi, ed altri temi, attraverso la quale recuperare una maggiore fiducia nelle istituzioni europee, in modo da scongiurare l’attuale concreto pericolo di affermazioni elettorali di parti politiche contrarie all’unione, nei prossimi appuntamenti al voto, che riguarderanno diversi stati nazionali. Per fare ciò è necessario operare in maniera concreta su tematiche tangibili, ma l’impegno è arduo per le grandi differenze che si registrano tra gli stati membri.  Uno dei temi più immediati è stato individuato nella paura generalizzata del terrorismo internazionale e nei pericoli connessi con l’immigrazione. In realtà queste paure sono proprie più degli stati dell’Europa centrale, che hanno violato le regole comuni, rifiutandosi di prendere in carico le quote a loro spettanti di migranti. Sul contrasto a queste violazioni dovrebbero essere costruite delle sanzioni, in modo da rispondere adeguatamente a chi non rispetta le norme dell’unione, sarebbe un primo passo per ristabilire un principio di equità tra gli stati, sopratutto tra quelli con posizione geografica differente. Le proposte su questi temi, sono però di difficile conciliazione con i presupposti che sono alla base dell’Unione: vietare le migrazioni non è soltanto anti storico ma è anche difficilmente fattibile. Certamente presidiare in maniera armata le frontiere può essere un deterrente che nel breve periodo può funzionare, ma contro la guerra, la fame ed i mutamenti climatici, che generano disperazione il problema non può essere affrontato soltanto con le armi. A questo proposito il discorso diventa ancora più ampio, perchè una prevenzione del fenomeno migratorio richiede una grande capacità politica e militare, del soggetto Europa, di cui Bruxelles è ancora sprovvista. Questa mancanza denota un pesante ritardo sui programmi e sulla volontà da grande potenza, che sono necessari per non subire gli effetti di atti causati da altri. Infatti senza un esercito comune, capace di intervenire nelle aree di crisi con alta possibilità di risoluzione dei contrasti, la sola fase diplomatica è ormai insufficiente; l’abbandono di Londra, per risolvere questa situazione appare provvidenziale, perchè elimina il paese da sempre più contrario a questa eventualità. Certo fare a meno della forza militare inglese abbassa la capacità di un possibile esercito europeo, ma questa mancanza può essere risolta con una specializzazione nell’intervento nelle aree di crisi. Risulta chiaro che la volontà politica dovrà essere forte, così come gli investimenti a cui nessun paese potrà derogare. Un altro capitolo fondamentale sarà interpretare una diversa politica sui vincoli di bilancio, per permettere politiche più espansive, in grado di invertire la tendenza e garantire i tassi di crescita necessari per fare ripartire l’economia continentale. Anche in questo campo mancano regole certe e la situazione generale si scontra con gli interessi particolari di alcuni stati, specialmente quello tedesco, che perseverano in un atteggiamento di autoprotezione troppo evidente. Avere individuato la necessità di armonizzare le regole fiscali in tutti i paesi per evitare e recuperare l’evasione delle grandi multinazionali, costituisce certamente un punto di partenza, anche politico, ma non è sufficiente a garantire la ripresa dell’economia, che deve, poi essere mantenuta, con decisioni politiche prese in breve tempo, questa velocità decisionale attualmente è impossibile a causa di regolamenti farraginosi, che favoriscono il prevalere degli interessi particolari su quelli generali. Avviare una discussione su questo tema diventa così una necessità prioritaria e non più derogabile. Come ha dimostrato di diventare sempre più necessaria una legislazione che regoli l’inclusione ed anche l’eventuale allontanamento dei paesi che vogliono essere membri dell’Unione Europea. La questione di chi viola principi fondamentali come i diritti sociali, deve diventare una materia su cui legiferare provvedimenti certi, che non prevedano solo ammonimenti senza conseguenze. Il comportamento di governi come quello dell’Ungheria non può essere ammesso e senza cambiamenti si deve prevedere anche che uno stato venga espulso. Il momento dell’inclusione a tutti i costi, magari perseguito per soddisfare le mire commerciali di un singolo stato, deve essere accantonato per imporre criteri di maggiore rigidità per essere ammessi nell’unione. Si tratta soltanto di alcuni provvedimenti, che potrebbero invertire la tendenza dello scetticismo verso l’Europa, per poi permettere uno sviluppo ancora più politico. Da quello che accadrà a Bratislava si potrà giudicare e pronosticare il futuro dell’Unione Europea.

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