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giovedì 29 settembre 2016
Siria: gli USA minacciano di rompere le trattative con la Russia
L’atteggiamento della Siria e della Russia ha provocato gravi problemi umanitari nella città di Aleppo, che sta patendo un assedio da lungo tempo, con conseguente grave disagio sanitario ed igienico per la popolazione. Proprio per alleviare le difficoltà degli abitanti ancora presenti ad Aleppo, era stata concordata una tregua tra Washington e Mosca, che doveva permettere ai convogli umanitari di rifornire e portare assistenza medica nella città assediata. Se la Russia aveva firmato questo accordo, la Siria non aveva gradito questa intesa, arrivata inun momento favorevole alle truppe di Assad, in procinto di conquistare la città. Per Damasco la tregua dava l’opportunità alla resistenza di riorganizzarsi e trovare delle alternative per resistere all’assedio. Nonostante queste perplessità Mosca aveva raggiunto un accordo con Washington, che poteva anche costituire una base per futuri sviluppi sul futuro del paese. Il bombardamento avvenuto per sbaglio da parte di unità americane su postazioni dell’esercito siriano, sebbene seguito da scuse immediate, ha fornito il prestesto, per una rottura, di fatto, della tregua concordata. La Russia ha attaccato un convoglio umanitario, diretto ad Aleppo, suscitando anche la riprovazione delle Nazioni Unite, e, congiuntamente con la Siria, ha ripreso le ostilità per conquistare Aleppo, con bombardamenti sulla città, che hanno registrato, ancora una volta, numerose vittime civili. In questo quadro è maturato l’ultimatum degli USA alla Russia di interrompere colloqui. Il fatto, dal punto di vista diplomatico, rappresenta una aggravante per la situazione siriana, ma senza essere affiancato da una azione militare, potrebbe soltanto creare una situazione favorevole ad Assad e, quindi, a Putin. Per evitare un confronto aperto con i russi gli Stati Uniti potrebbero decidere un maggiore rifornimento di armi alle forze ribelli presenti ad Aleppo, ed è proprio questo che viene temuto a Mosca e Damasco. Il Cremlino, infatti ha proposto una tregua di 48 ore, che non potrebbe dare corso agli eventuali piani americani, mentre Washington ne ha proposto una di sette giorni, che viene valutata, dal fronte russo-siriano, funzionale per fornire le armi ai ribelli. Dal punto di vista militare, nonostante i grandi bombardamenti attuati con barili incendiari, usati con lo scopo di distruggere i rifugi più fortificati, è stato accertato che, nelle battaglie in corso ad Aleppo, compiute, ormai, quasi corpo a corpo, l’apporto della forza aerea non è così determinate, come potrebbe essere, al contrario, l’arrivo di nuove armi. Proprio per questo è diventato determinante, per entrambe le parti, il fattore tempo: per i siriani è importante accelerare il conflitto senza interruzioni di sorta, mentre per i ribelli è diventato fondamentale guadagnare tempo, sia per riorganizzarsi, sia per vedere concretizzata la possibilità del rifornimento di materiale bellico da parte americana. La Russia, da parte sua, cerca di perdere la faccia davanti all’opinione pubblica internazionale e si dice favorevole all’ipotesi di una tregua umanitaria di 48 ore, per permettere dei rifornimenti alla popolazione, ma dissente profondamente sull’ipotesi dei sette giorni senza scontri. Dal punto di vista della situazione di prostrazione della popolazione civile, occorrerebbe ben più di una settimana per cercare di risolvere la grave situazione igienico sanitaria, punto essenziale da cui partire per un primo risanamento del teatro di guerra; ma è anche vero che questo tempo è contrario agli interessi di Assad, che intravede la possibilità di conquistare Aleppo ormai imminente. L’impressione è che, sia Assad che la Russia, intendano mettere gli USA davanti al fatto compiuto della conquista di Aleppo, per arrivare con questa posizione consolidata ad una eventuale conferenza di pace, o comunque a qualsiasi tavolo di trattative. Ciò rappresenterebbe la diretta conseguenza dell’immobilità americana, che Obama ha tenuto fin dall’inizio della vicenda siriana. Puntare tutto sulla diplomazia si è rivelato errato, come non avere saputo prevedere l’entrata in gioco di Mosca, nel teatro della guerra di Siria; queste premesse fanno risultare l’ultimatum americano di rompere i colloqui, l’ennesima azione fallimentare e senza conseguenze. Si può comprendere che Obama sia a fine mandato, ma prima dell’elezione del nuovo o della nuova, inquilino della Casa Bianca, sarà inevitabile che le posizioni americane saranno di svantaggio nei confronti di Russia e Siria, se Washington continuerà ad affrontare il problema con questa passività.
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