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giovedì 6 ottobre 2016

Il Partito conservatore allontana sempre più Regno Unito ed Europa

Il risultato uscito dal congresso del partito conservatore inglese è, sia un programma di partito, che un programma di governo, che contiene tutte le premesse per riportare il Regno Unito indietro di molti anni. La primo ministro, Theresa May, ha scelto di aderire, in maniera completa, al peggiore populismo possibile, per erodere consensi elettorali alle formazioni politiche più retrive, quelle che hanno determinato l’uscita dall’Unione Europea. La May compie, però, due errori essenziali, che lo scenario politico non tarderà a perdonargli. Il primo sbaglio è scegliere di rivolgersi ai soli elettori che hanno scelto l’uscita dall’Europa, dimenticando che il risultato elettorale è stato tutt’altro che netto e, che, esistono ancora forti contrarietà all’allontanamento di Bruxelles, che non possono essere certo conquistate con una politica imperniata sulla chiusura totale del paese. Risulta, però evidente, che la May sceglie di abbandonare questa consistente parte elettorale, per puntare su scelte politiche, che, fino a poco tempo prima, erano lontane dagli stessi programmi del partito conservatore; è vero che il risultato del referendum  ha allontanato la visione di Cameron, ma anche della stessa May, che si rivela una politica incoerente e per questa caratteristica, già poco affidabile. Il voltafaccia del primo ministro inglese, non promette niente di buono proprio per quanto riguarda il destino del Regno Unito. In effetti un programma politico che si basa sull’opportunismo ed è caratterizzato da una visione miope e concentrata nel breve periodo, non sembra essere garanzia di una visione politica tale da superare i contraccolpi che arriveranno dall’uscita dell’Europa. Questa tesi è tanto vera, che, ha confermarla, c’è l’atteggiamento non certo affrettato del governo inglese in carica ad avviare i colloqui con Bruxelles per regolarizzare gli effetti pratici del referendum. Risulta evidente che la May agisce su due piani ben distinti, ma in profondo contrasto tra loro: per quanto riguarda l’interno privilegia le ragioni della fuoriuscita, ma con l’Europa tende a ritardarne gli effetti, confermando così la scarsa coerenza tra il dire ed il fare. Il secondo errore è quello di non avere tratto dall’esperienza di Cameron alcun insegnamento. L’ex leader conservatore aveva giocato d’azzardo proclamando il referendum sull’uscita dall’Europa, per trarne un vantaggio politico personale, pur non essendo affatto favorevole all’allontanamento da Bruxelles. La May sembra ripetere lo stesso sbaglio: si assesta su posizioni, che prima non condivideva, per accrescere il proprio consenso: la domanda è se saprà gestire una situazione per la quale non è del tutto convinta. Il programma annunciato, infatti, prevede una crescente chiusura del Regno Unito, che sappia soddisfare le istanze di tutti quanti si sono riconosciuti nelle ragioni dell’allontanamento dall’Unione Europea ed, in modo particolare, coloro che sono contrari all’immigrazione e vedono i lavoratori stranieri come invasori. Si tratta di una platea trasversale, che comprende anche settori sociali prima appartenenti alla sinistra, oltre che ai partiti populisti, ma che geograficamente è piuttosto distante dai grandi centri urbani; questo vuole dire chela May non cerca il consenso della parte più produttiva ed avanzata del paese, ma di quella parte, che secondo le previsioni degli economisti, patirà in modo ancora maggiore l’uscita dall’Europa, in primo luogo perchè dovrà patire il taglio dei contributi provenienti da Bruxelles. La reazione di questa parte sociale non potrà che essere quella di levare il consenso al governo inglese espresso dai conservatori, riportando una grave incertezza politica sulla scena inglese. D’altro canto sperare di superare le difficoltà dell’uscita dall’Europa con un programma di trattative separate con i singoli stati europei appare una idea irrealizzabile, proprio per il veto istituzionale di Bruxelles e la contrarietà dei componenti più rilevanti dell’Unione: eppure questo punto costituisce quello di maggiore rilevanza nella strategia della May. Ancora una volta la classe politica espressa dal Regno Unito appare di ben poca consistenza e nel medio e lungo periodo per l’Europa, l’allontamento inglese non sarà che un vantaggio.

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