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martedì 29 novembre 2016
La Germania vuole coinvolgere i 20 paesi più industrializzati per lo sviluppo dell'Africa
La Germania, attraverso la presidenza dei venti paesi più industrializzati, che Berlino assumerà dal prossimo giovedì, intende esercitare una azione che possa provocare una diminuzione delle correnti migratorie, che stanno mettendo in grande difficoltà l’Europa. L’intento del paese tedeco è quello di agire sulle cause strutturali che determinano le migrazioni economiche, attraverso la stesura di programmi di spesa pubblica e di rendere disponibili denaro con bassi interessi per agevolare un accesso al credito più esteso, in modo da stimolare le economie dei paesi africani, da dove provengono i maggiori flussi migratori. Si comprende, come queste intenzioni, ancorché condivisibili, siano tardive, rispetto alla situazione in essere e possano essere validi per un futuro non certo immediato. Sicuramente quella della Germania è la strada da seguire fin da subito, ma senza, tuttavia, attendersi risultati apprezzabili in tempi brevi per la riduzione delle migrazioni. Diverso è se, assieme a questi propositi, vengono attuate strategie mirate ad ottenere una diminuzione del traffico migratorio, che non possono prescindere da un insieme di azioni, che devono ricomprendere l’attività diplomatica, quella militare, quella sanitaria ed anche quella economica e di assistenza ai governi africani, da portare avanti in contesti differenti e su piani diversi. Certamente risulta importante l’azione tedesca nel tentativo di coinvolgere le maggiori economie mondiali per farsi carico, in modo congiunto, del problema africano: ma senza una azione coordinata l’ottenimento di risultati sul breve periodo appare impossibile. Quello che è necessario è un impegno prima di tutto militare, per combattere le organizzazioni che traggono notevoli vantaggi economici dai traffici degli esseri umani. Questo tipo di contrasto non si può esercitare soltanto da lontano, ma deve essere attuato nei paesi dove questi traffici si svolgono. Purtroppo la nazione maggiormente coinvolta è la Libia, sopratutto a causa della propria situazione politica e dove le componenti interne non hanno ancora trovato una sintesi per evitare i combattimenti tra fazioni contrapposte e contro gli estremisti islamici, che coincidono proprio con con le bande di trafficanti di esseri umani. Il sostegno militare al governo libico, come ad altri governi appare essenziale, così come è imprescindibile una azione più decisa della diplomazia a livello sovranazionale, vedi Unione Europea, che superi ogni approccio dei singoli stati, sopratutto quelli maggiormente coinvolti. Questo è possibile, però, soltanto con una collaborazione tra gli stati europei, che al momento non esiste e non permette un impegno militare condiviso. Senza superare questi ostacoli anche le intenzioni tedesche potrebbero avere difficile attuazione perchè uno dei maggiori ostacoli da superare è la corruzione che affligge molti governi africani. Il necessario controllo delle risorse finanziarie destinate a combattere la povertà africana ed aumentarne il tessuto produttivo, deve essere esercitato a livello globale, per avere una maggiore incidenza sopratutto nelle relazioni internazionali e diplomatiche. Questa deve essere quindi la via per avviare una collaborazione internazionale, che rappresenti una sorta di globalizzazione degli aiuti, in grado di bilanciare la globalizzazione selvaggia, che tanto ha contribuito a generare gli scompensi economici che hanno colpito il continente africano. Ciò dovrebbe comportare una correzione dei processi di crescita, intesi come mero dato quantitativo globale, verso una attuazione maggiormente indirizzata all’aspetto qualitativo, grazie ad una redistribuzione maggiormente efficiente. Se lo scopo è quello di creare lavoro per impedire alla popolazione dei paesi africani di non abbandonare i propri paesi è fondamentale impedire che i finanziamenti abbiano come destinazione concentrazioni economiche già esistenti. Il ruolo dei paesi industrializzati non può quindi essere soltanto quello di promotore di piani economici, attraverso la stesura di interventi e del loro finanziamento, ma anche, e forse, sopratutto, del controllo di come le risorse dovranno essere utilizzate. Occorre anche prevedere gli ostacoli a questo percorso: i vantaggi politici di alcuni stati, rispetto ad altri, dell’esistenza dell’emigrazione come fattore destabilizzante di soggetti sovranazionali come l’Unione Europea, i fattori economici di sfruttamento delle materie prime africane, che sono concentrate in poche società che hanno interesse a mantenere lo status quo, l’uso della povertà e dello sfruttamento come fattore aggregante per i gruppi estremisti. Queste ragioni rappresentano le prime sfide alle quali il governo tedesco dovrà fare fronte, se vorrà dare attuazione in modo efficace al programma di aiuti per l’Africa.
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