Politica Internazionale

Politica Internazionale

Cerca nel blog

giovedì 12 gennaio 2017

La Cina esibisce la sua forza militare per il predominio della regione del Pacifico orientale

La regione del Pacifico orientale si conferma al centro degli avvenimenti di questo inizio anno. Non c’è, infatti,  soltanto il problema nordcoreano, ma si delinea in maniera sempre più rilevante l’atteggiamento cinese. Pechino considera il Mare Cinese, sia quello orientale, che quello meridionale, come una zona di propria pertinenza: un’analogia potrebbe essere l’ambizione che la Russia nutre per le zone a lei immediatemente contigue ad occidente e che facevano parte dell’impero sovietico. Per la Cina non vi è questo precedente, ma le ambizioni della superpotenza individuano come regione di propria pertinenza sopratutto le acque del mare cinese in ottica economica e geopolitica. Non per niente uno dei punti che Obama riteneva fondamentali per la propria politica estera, nell’interesse funzionale alla sua visione degli interessi statunitensi, era proprio il presidio, anche militare, di questo mare, per la salvaguardia degli alleati storici, come il Giappone e la Corea del Sud e l’espansione dell’influenza americana verso altri stati come il Vietnam, per contenere l’espansionismo di Pechino. L’amministrazione uscente della Casa Bianca voleva fare di più in questo senso, ma ha dovuto destinare molte risorse per la sopravvenuta emergenza dello Stato islamico e della situazione mediorientale. Nel momento di transizione del passaggio dei poteri tra Obama e Trump, la Cina ha deciso di dare una ampia dimostrazione della propria forza militare, per dare un chiaro segnale delle proprie intenzioni alla comunità internazionale ed al nuovo presidente degli Stati Uniti. L’intenzione di Pechino è quella di ribadire la funzione che si è assegnata come principale potenza nella regione dell’oceano Pacifico orientale. Pechino ha usato gli aerei militari per intimidire la Corea del Sud ed il Giappone, un mezzo che anche per la Russia di Putin è consueto: nei confronti di Seul sarebbe stato violato lo spazio aereo del paese, in corrispondenza dello stretto di mare che separa la Corea del Sud dal Giappone. In realtà queste, che Pechino definisce normali esercitazioni militari, si sarebbero verificate già numerose volte, sopratutto da quando Seul ha esteso il proprio spazio di identificazione aereo per ricomprendere un’isola contesa con Pechino e, proprio a seguito della decisione cinese di estendere lo spazio aereo di propria pertinenza. Come ogni volta che si verificano questi sconfinamenti la Corea del Sud fa alzare in volo i propri aerei militari, si creano, così, concrete possibilità che si verifichino incidenti, preludio a conseguenze molto pericolose. Nei confronti del Giappone non si è verificata l’invasione dello spazio aereo, ma gli aerei militari cinesi hanno volato molto vicino al confine e sono stati controllati direttamente dalle forze aeree nipponiche. Casi di questo genere si stanno intensificando troppo ed i rischi di uno scontro militare, che può avvenire anche per errore, si stanno facendo sempre più concreti. Nello stesso tempo mezzi navali di sono avvicinati a Taiwan, che la Cina considera un’isola ribelle e che Trump ha affermato, nei giorni scorsi, di non essere competenza della Cina. Questo aspetto sembra essere proprio un avvertimento al nuovo presidente degli Stati Uniti, che ha da subito individuato la Cina come l’avversario principale, ed ha manifestato la sua vicinanza a Taiwan, peraltro immediatemente ricambiata dalle autorità di Formosa. Contemporaneamente alle azioni militari nei mari della regione del Pacifico orientale, Pechino ha pubblicato una sorta di programma sulla cooperazione e la sicurezza  della zona, incentrato sulla influenza cinese e sul rifiuto di intromissione di altre potenze, che comprende l’avvertimento contro azioni provocatorie contro la sovranità cinese, che saranno oggetto di ritorsione, ed il richiamo sia agli stati più piccoli, che alle medie potenze, di evitare di schierarsi in eventuali contese. Si comprende come l’ammonimento sia diretto a quei paesi, come il Vietnam, che schierandosi con gli USA hanno infranto la volontà di egemonia di Pechino. Ancora una volta sarà interessante verificare come Trump vorrà comportarsi di fronte a queste, che paiono intimidazioni, anche in relazione all’importanza delle vie marittime, che solcano questi mari, per il commercio statunitense. Le premesse cinesi rischiano di fare fallire, fin dal principio, la volontà della nuova amministrazione USA di ridurre l’impegno all’estero in favore di un maggiore impegno degli alleati: la minaccia di Pechino non potrà essere affrontata senza il mantenimento del coinvolgimento del Pentagono.

Nessun commento:

Posta un commento