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venerdì 23 febbraio 2018
Lo scenario attuale del conflitto siriano
L’aspetto più sanguinaro del regime di Assad è tornato di nuovo allo scoperto con i bombardamenti nel quartiere vicino a Damasco, che è ancora presidiato dalle forze democratiche siriane. La strategia di Assad si muova su piani ben definiti e provati nei sette anni di guerra. Appena l’attenzione si è spostata sull’intervento turco con i curdi siriani, il dittatore ha approfittato dell’attenzione su Erdogan, per riconquistare posizioni sul terreno, specialmente la zona più vicina alla capitale, che ancora non era ritornata sotto il suo controllo. Lo schema militare applicato è la ripetizione di bombardamenti particolarmente cruenti e non affatto mirati, che colpiscono indistintamente combattenti e civili, tra questi più di quattrocento i morti, e distruggono tutte le infrastrutture, per creare le condizioni di un ingresso delle forze di terra, con un compito più che agevolato dall’uso indiscriminato della forza aerea. Le analogie con quanto accaduto ad Aleppo sono chiare e non possono che provare che Assad dovrebbe essere incriminato per crimini contro l’umanità. Tuttavia le reazioni internazionali sono diverse, sopratutto nell’atteggiamento circa la necessità di una tregua come proposto alle Nazioni Unite da Svezia e Kuwait: questa astensione dei combattimenti dovrebbe avere una durata di circa trenta giorni per permettere l’accesso nella zona bombardata di convogli umanitari, alimentari e medici. La proposta, appoggiata dagli USA è stata rifiutata dalla Russia, che teme che questo lasso di tempo favorisca i propositi di alcuni governi occidentali, che mirano alla caduta di Assad. Questa eventualità appare remota perchè Assad ha riconquistato le zone strategiche del paese, tuttavia insieme ai convogli umanitari, Mosca teme l’ingresso di armamenti in grado di minacciare Damasco da vicino, una possibilità che metterebbe sotto minaccia continua l’assetto della Siria preferito da Russia ed Iran.Quello, che, però, appare è una Russia che sembra rimasta intrappolata nel ruolo che si è data di salvatrice di Assad. Mosca non pare capace di uscire da una situazione che aveva portato indubbi vantaggi, sia sul piano internazionale, dove il Cremlino era tornato a giocare un ruolo da grande potenza, sia negli equilibri dello scacchiere mediorientale, preservando la Siria, e la sua posizione strategica sotto l’influenza russa. Assad, abilmente ha saputo sfruttare le ambizioni russe a suo vantaggio e ciò gli ha permesso di rovesciare l’andamento del conflitto e restare al potere contro ogni previsione. Tuttvia la Russia è alla vigilia delle elezioni ed un ruolo militare all’estero ricoperto per così tanto tempop non è visto bene dall’elettorato; d’altra parte Mosca non può abbandonare la partita siriana e perdere il prestigio accumulato, anche se difendere un dittatore autore di brutalità non appare molto producente. In aiuto di Mosca c’è l’atteggiamento americano, sempre troppo cauto con Assad e quello turco, che permette di giustificare la permanenza al fianco di Damasco. Assad, in questo momento si muove su due fronti: quello del quartiere di Ghuta, per debellare i ribelli più vicini a lui e così scongiurare l’eventuale avvicinamento americano ed esasperare il confronto con la Turchia, per provocare un dissidio interno all’Alleanza Atlantica. La mossa siriana assume il valore di un azzardo perchè potrebbe fare riavvicinare Ankara a Washington, ma si tratta di un rischio calcolato perchè obbliga anche la Russia a continuare il proprio appoggio ad Assad e rinsalda l’alleanza siriana con Teheran in funzione anti sunnita. Certamente ci sono anche altre incognite da considerare: la presenza iraniana ed il rafforzamento di Hezbollah rischia di scatenare una reazione israeliana a cui Damasco non è interessata, ma che per gli iraniani potrebbe rientrare nel piano di provocazione verso Tel Aviv. Da non trascurare anche l’eventuale coinvolgimento dei sauditi, che non hanno certo esaurito gli interessi per un rovesciamento del regime di Damasco. Lo scenario futuro si presenta ancora una volta molto incerto a causa della volontà di Assad di mantenere il potere, della Russia e dell’Iran per avere puntato su un personaggio impresentabile per inseguire i propri interessi, della politica incerta degli Stati Uniti e per la solita inutilità delle Nazioni Unite. Il concreto pericolo di un allargamento del conflitto siriano diventa così molto probabile per una somma di interessi divergenti di nazioni straniere, che, al momento, hanno il solo risultato di rinforzare Assad al potere con modalità e comportamenti che dovrebbero causare forti sospetti tra i suoi alleati.
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